La fine delle JV e SQ
Per non rovinare il mercato della Fender ma ostacolare unicamente le copie orientali, tra il 1982 e il 1984 le uniche reissue giapponesi di esportazione erano Squier.
Finita l'era JV e SQ nel 1984, la Fender Japan continuò ad esportare le Stratocaster utilizzando altri seriali: inizialmente le "E Series", alle quali si sovrapposero prima le "A", "B" e "C" e, in seguito, le altre.
Le nuove chitarre di esportazione, fondamentali per supportare la Fender dopo la chiusura della fabbrica di Fullerton, erano divise in Standard e Contemporary, entrambe sia Fender che Squier, e in Reissue, che dal 1992 sarebbero state chiamate Collectables. Era tuttavia chiaro come la Fender iniziò, dopo le JV e le SQ, ad esportare solo i modelli di qualità inferiore, per non correre il rischio di farsi autoconcorrenza, lasciando in Giappone le chitarre migliori.
Le Stratocaster domestic ST, SST, CST, continuarono ad essere prodotte (e ovviamente destinate al solo mercato giapponese), ma con seriali differenti da quello JV.
Le differenze qualitative tra le reissue giapponesi e quelle americane erano inizialmente pochissime, anzi, le JV di fascia alta sono spesso considerate superiori alle americane dello stesso periodo. Tuttavia, con il passare del tempo, le Stratocaster made in Japan di esportazione iniziarono a subire alcune modifiche, in particolar modo riguardanti legni, pickup ed elettronica, e la loro qualità iniziò gradualmente a peggiorare.
Quando, dal 1987, il marchio Squier venne prodotto anche in altri paesi (prima in Korea, seguita dall'India, dalla Cina e dall'Indonesia, senza dimenticare gli Stati Uniti - sì, sono state fatte anche negli USA! - e il Messico), l'interesse verso queste chitarre diminuì notevolmente a causa di un ulteriore calo della loro qualità.
Finita l'era JV e SQ nel 1984, la Fender Japan continuò ad esportare le Stratocaster utilizzando altri seriali: inizialmente le "E Series", alle quali si sovrapposero prima le "A", "B" e "C" e, in seguito, le altre.
Le nuove chitarre di esportazione, fondamentali per supportare la Fender dopo la chiusura della fabbrica di Fullerton, erano divise in Standard e Contemporary, entrambe sia Fender che Squier, e in Reissue, che dal 1992 sarebbero state chiamate Collectables. Era tuttavia chiaro come la Fender iniziò, dopo le JV e le SQ, ad esportare solo i modelli di qualità inferiore, per non correre il rischio di farsi autoconcorrenza, lasciando in Giappone le chitarre migliori.
Le Stratocaster domestic ST, SST, CST, continuarono ad essere prodotte (e ovviamente destinate al solo mercato giapponese), ma con seriali differenti da quello JV.
Le differenze qualitative tra le reissue giapponesi e quelle americane erano inizialmente pochissime, anzi, le JV di fascia alta sono spesso considerate superiori alle americane dello stesso periodo. Tuttavia, con il passare del tempo, le Stratocaster made in Japan di esportazione iniziarono a subire alcune modifiche, in particolar modo riguardanti legni, pickup ed elettronica, e la loro qualità iniziò gradualmente a peggiorare.
Quando, dal 1987, il marchio Squier venne prodotto anche in altri paesi (prima in Korea, seguita dall'India, dalla Cina e dall'Indonesia, senza dimenticare gli Stati Uniti - sì, sono state fatte anche negli USA! - e il Messico), l'interesse verso queste chitarre diminuì notevolmente a causa di un ulteriore calo della loro qualità.
Nel 1985 le Fender Stratocaster made in Japan destinate al mercato giapponese si dividevano in Vintage Series, Current Series, Collectors Series and Boxer Series. In occidente oggi sono arrivate molte Stratocaster domestic, spesso con specifiche molto diverse, per cui spesso non è facile distinguerle da quelle che inizialmente erano state destinate all'export.
La Vintage Series all'inizio includeva riedizioni dei modelli del 1954, 1957, 1962 e del 1972; per ciascun anno erano proposte molte Stratocaster diverse per qualità e costi: infatti alcune avevano pickup in alnico made in USA, elettronica americana, legni selezionati e finiture alla nitro, altre erano più economiche e avevano pickup ceramici ed elettronica giapponese e finiture al poliestere. Nella primavera del 1987 le Stratocaster '70s style furono tutte raggruppate nella nuova serie Current, che non doveva essere confusa con quella del 1983 Squier branded. Caratteristica di queste Stratocaster erano il palettone con il logo CBS, il bullet truss rod e il neck plate a tre viti con micro tilt.
Con lo scopo di mantenere sul listino strumenti Fender economici, nel 1984 venne proposta la Zinger Series, che annoverava le Stratocaster ST57-55, ST62-55 e ST72-55. Tuttavia questa serie durò molto poco perché fu presto inglobata nella Current.
La Collectors Series si sviluppò in modo indipendente dalle altre intorno al 1985. Nel 1986 era composta da tre gruppi principali: le Players, i cui modelli si ispiravano alle storiche Stratocaster suonate da musicisti famosi, come la ST72-65, munita di tastiera scalloped in palissandro, la cui produzione "sembra" essere iniziata dopo una specifica richiesta di Yngwie Malmsteen, le ExTrad (alle quali è dedicato il capitolo successivo), una linea premium che può essere considerata il top della liuteria Fender giapponese, e la Limited Edition, che includeva la STXII a dodici corde o la Paisley Stratocaster.
Nel 1984 la domestic Boxer Series nacque dalle ceneri della Contemporary Series, che fu regalata al solo mercato di esportazione. La produzione della serie Boxer terminò nel 1987, e, nel 1989, fu sostituita dalla nuova Pro Feel Series. Come la precedente, questa serie portava la Fender in una nuova "era".
Sono da menzionare le Squier Silver Series del 1990, fatte anche per l'esportazione nel Regno Unito.
La Vintage Series all'inizio includeva riedizioni dei modelli del 1954, 1957, 1962 e del 1972; per ciascun anno erano proposte molte Stratocaster diverse per qualità e costi: infatti alcune avevano pickup in alnico made in USA, elettronica americana, legni selezionati e finiture alla nitro, altre erano più economiche e avevano pickup ceramici ed elettronica giapponese e finiture al poliestere. Nella primavera del 1987 le Stratocaster '70s style furono tutte raggruppate nella nuova serie Current, che non doveva essere confusa con quella del 1983 Squier branded. Caratteristica di queste Stratocaster erano il palettone con il logo CBS, il bullet truss rod e il neck plate a tre viti con micro tilt.
Con lo scopo di mantenere sul listino strumenti Fender economici, nel 1984 venne proposta la Zinger Series, che annoverava le Stratocaster ST57-55, ST62-55 e ST72-55. Tuttavia questa serie durò molto poco perché fu presto inglobata nella Current.
La Collectors Series si sviluppò in modo indipendente dalle altre intorno al 1985. Nel 1986 era composta da tre gruppi principali: le Players, i cui modelli si ispiravano alle storiche Stratocaster suonate da musicisti famosi, come la ST72-65, munita di tastiera scalloped in palissandro, la cui produzione "sembra" essere iniziata dopo una specifica richiesta di Yngwie Malmsteen, le ExTrad (alle quali è dedicato il capitolo successivo), una linea premium che può essere considerata il top della liuteria Fender giapponese, e la Limited Edition, che includeva la STXII a dodici corde o la Paisley Stratocaster.
Nel 1984 la domestic Boxer Series nacque dalle ceneri della Contemporary Series, che fu regalata al solo mercato di esportazione. La produzione della serie Boxer terminò nel 1987, e, nel 1989, fu sostituita dalla nuova Pro Feel Series. Come la precedente, questa serie portava la Fender in una nuova "era".
Sono da menzionare le Squier Silver Series del 1990, fatte anche per l'esportazione nel Regno Unito.
Le sigle delle Stratocaster giapponesi domestic
Le prime cose che saltano agli occhi di chi sfoglia il listino Fender "Twang" in cui erano catalogate tutti gli strumenti destinati al solo territorio giapponese erano la grande quantità di Stratocaster presenti, spesso simili tra di loro, e i nomi (più che altro codici) con cui erano rappresentate. Il codice usato per le Stratocaster era "ST", seguito, nelle Vintage e nelle Current, da una coppia di numeri che indicavano l'anno cui si riferiva la riedizione. Gli altri numeri presenti indicavano il prezzo in Yen. Ma spesso era possibile trovare anche altre lettere, come LS (Lace Sensor), US (US Vintage Pickups), TX (Texas Special), RV (Real Vintage), VSP (Vintage Special Project), DMC (Di Marzio Collection), G (Gold Hardware), B (Bound Fretboard), L o LH (Left Handed), M (Medium Scale) e SC (Scalloped), solo per citarne alcune.
Infine, bisogna tenere bene in mente che il made in Japan non sempre rispettava al 100% quello che era rappresentato sul catalogo e, a volte, due modelli identici potevano avere caratteristiche leggermente differenti.
Nota bene: Di frequente molti chitarristi si interrogano sul significato dei simboli presenti sul tacco del manico o sul body delle Stratocaster made in Japan. Queste sigle non sono altro che un codice interno alle fabbriche Fugijen e Dyna. A volte ci può essere una discrepanza tra queste sigle e il modello su cui vengono poste, ma questo non vuol dire che ci si trovi di fronte ad un falso: lo stesso codice può essere usato su più di uno strumento. Fujigen ha fatto, tra il 1982 e il 1997, centinaia di modelli diversi, venduti quasi tutti in Giappone e utilizzare manici o body (e relativi codici) adatti a più di uno strumento ha permesso di tagliare tempi e costi. Ad esempio, manici siglati con "ST-362" e "ST-357" furono utilizzati su diversi tipi di Stratocaster e non possono indicare un solo modello, né il suo nome; inoltre sui cataloghi non sono mai esistite le Fender ST-357 e ST-362!
Un'altra considerazione va fatta: se ci troviamo di fronte ad una Stratocaster giapponese e viviamo in Europa o negli USA, la possibilità che sia una chitarra "export" è nettamente superiore a quella che sia un modello "domestic". Perciò non vale la pena confondersi con tutti i modelli presenti sui cataloghi Fender "Twang", perché questi mostravano solo i modelli destinati al territorio giapponese. È quindi più facile trovare la chitarra sui Frontline o sui cataloghi destinati ai mercati occidentali. Tuttavia una piccola possibilità che una chitarra "domestic" sia arrivata, tramite compravendite private, in occidente c'è sempre, per cui è utile informarsi, per quanto possibile, sulla provenienza della Stratocaster in esame.
Infine, bisogna tenere bene in mente che il made in Japan non sempre rispettava al 100% quello che era rappresentato sul catalogo e, a volte, due modelli identici potevano avere caratteristiche leggermente differenti.
Nota bene: Di frequente molti chitarristi si interrogano sul significato dei simboli presenti sul tacco del manico o sul body delle Stratocaster made in Japan. Queste sigle non sono altro che un codice interno alle fabbriche Fugijen e Dyna. A volte ci può essere una discrepanza tra queste sigle e il modello su cui vengono poste, ma questo non vuol dire che ci si trovi di fronte ad un falso: lo stesso codice può essere usato su più di uno strumento. Fujigen ha fatto, tra il 1982 e il 1997, centinaia di modelli diversi, venduti quasi tutti in Giappone e utilizzare manici o body (e relativi codici) adatti a più di uno strumento ha permesso di tagliare tempi e costi. Ad esempio, manici siglati con "ST-362" e "ST-357" furono utilizzati su diversi tipi di Stratocaster e non possono indicare un solo modello, né il suo nome; inoltre sui cataloghi non sono mai esistite le Fender ST-357 e ST-362!
Un'altra considerazione va fatta: se ci troviamo di fronte ad una Stratocaster giapponese e viviamo in Europa o negli USA, la possibilità che sia una chitarra "export" è nettamente superiore a quella che sia un modello "domestic". Perciò non vale la pena confondersi con tutti i modelli presenti sui cataloghi Fender "Twang", perché questi mostravano solo i modelli destinati al territorio giapponese. È quindi più facile trovare la chitarra sui Frontline o sui cataloghi destinati ai mercati occidentali. Tuttavia una piccola possibilità che una chitarra "domestic" sia arrivata, tramite compravendite private, in occidente c'è sempre, per cui è utile informarsi, per quanto possibile, sulla provenienza della Stratocaster in esame.
Antonio Calvosa