Ricordo ancora quando passavo ripetutamente davanti al negozio di strumenti musicali e incantato vedevo in vetrina la Stratocaster Stevie Ray Vaughan pensando: "Un giorno sarai mia". Ho dovuto aspettare la mia laurea prima di poterla acquistare, ma alla fine era tra le mie mani.
Non è una Custom Shop, né una Stratocaster d'epoca, ma era la mia chitarra, desiderata e sognata più di ogni altra cosa.
Era il 2005 e forse questa era, tra le tante che avevo provato, la Stratocaster che di più si avvicinava alle chitarre che ero abituato a suonare in quel periodo, grazie ai suoi pickup Texas Special, alla tastiera quasi piatta e ai tasti Jumbo 6105.
Rispetto ad allora i miei gusti ed il mio modo di suonare sono cambiati, ed anche la mia Stratocaster si è evoluta insieme a me, adattandosi meglio alle mie esigenze.
I pickup sono stati una delle prime cose che ho sostituito, passando prima ai Lindy Fralin Vintage Hot (dal timbro affascinante ma un po' troppo "soft") e in seguito ai Lollar Blackface flat pole. Il mi basso al manico spiccava troppo rispetto agli altri, ma l'ho attenuato facilmente regolando l'altezza e l'inclinazione del pickup. Il suono è cristallino, dall'attacco deciso, proprio come voglio che suoni una Stratocaster, meno pompato e medioso rispetto ai Texas Special.
Ho anche modificato l'elettronica in modo da poter regolare, tramite l'ultimo pomello di tono, il timbro del pickup al ponte, per meglio adattarlo ai diversi generi musicali.
Un altro cambiamento fondamentale è stata la sostituzione del ponte originale dorato con uno Callaham, sempre mancino, in acciaio distressed. Si è parlato tanto di questo ponte e devo dire che sono felicissimo del risultato: a parte una migliore tenuta dell'accordatura, ho la sensazione che la chitarra abbia ora un suono meno metallico e più pieno e mi sembra di sentire più armoniche. Sono sfumature appena percettibili ma che fanno la differenza. La qualità del Callaham risiede nei materiali utilizzati e nella loro lavorazione. Tutte le viti sono in acciaio inossidabile, il pesantissimo tremolo block è, a differenza degli originali Fender, laminato a freddo ed estremamente puro, privo del piombo che riduce il sustain e smorza le frequenze. E la differenza si sente davvero anche nel suo peso. L'acciaio del base plate è lavorato a freddo ed è nickel plated; la sua smussatura non oltrepassa i fori (svasati) delle sei viti del ponte permettendo un'ottimale ritorno alla posizione iniziale dopo l'uso del vibrato. Le sellette all'ingrandimento mostrano una superficie decisamente regolare. Inoltre la leva del vibrato Callaham "64" Virtual Pop-in è sorprendentemente stabile ed affidabile, a differenza di quella difettosa e "ballerina" presente nei ponti originali.
Non è una Custom Shop, né una Stratocaster d'epoca, ma era la mia chitarra, desiderata e sognata più di ogni altra cosa.
Era il 2005 e forse questa era, tra le tante che avevo provato, la Stratocaster che di più si avvicinava alle chitarre che ero abituato a suonare in quel periodo, grazie ai suoi pickup Texas Special, alla tastiera quasi piatta e ai tasti Jumbo 6105.
Rispetto ad allora i miei gusti ed il mio modo di suonare sono cambiati, ed anche la mia Stratocaster si è evoluta insieme a me, adattandosi meglio alle mie esigenze.
I pickup sono stati una delle prime cose che ho sostituito, passando prima ai Lindy Fralin Vintage Hot (dal timbro affascinante ma un po' troppo "soft") e in seguito ai Lollar Blackface flat pole. Il mi basso al manico spiccava troppo rispetto agli altri, ma l'ho attenuato facilmente regolando l'altezza e l'inclinazione del pickup. Il suono è cristallino, dall'attacco deciso, proprio come voglio che suoni una Stratocaster, meno pompato e medioso rispetto ai Texas Special.
Ho anche modificato l'elettronica in modo da poter regolare, tramite l'ultimo pomello di tono, il timbro del pickup al ponte, per meglio adattarlo ai diversi generi musicali.
Un altro cambiamento fondamentale è stata la sostituzione del ponte originale dorato con uno Callaham, sempre mancino, in acciaio distressed. Si è parlato tanto di questo ponte e devo dire che sono felicissimo del risultato: a parte una migliore tenuta dell'accordatura, ho la sensazione che la chitarra abbia ora un suono meno metallico e più pieno e mi sembra di sentire più armoniche. Sono sfumature appena percettibili ma che fanno la differenza. La qualità del Callaham risiede nei materiali utilizzati e nella loro lavorazione. Tutte le viti sono in acciaio inossidabile, il pesantissimo tremolo block è, a differenza degli originali Fender, laminato a freddo ed estremamente puro, privo del piombo che riduce il sustain e smorza le frequenze. E la differenza si sente davvero anche nel suo peso. L'acciaio del base plate è lavorato a freddo ed è nickel plated; la sua smussatura non oltrepassa i fori (svasati) delle sei viti del ponte permettendo un'ottimale ritorno alla posizione iniziale dopo l'uso del vibrato. Le sellette all'ingrandimento mostrano una superficie decisamente regolare. Inoltre la leva del vibrato Callaham "64" Virtual Pop-in è sorprendentemente stabile ed affidabile, a differenza di quella difettosa e "ballerina" presente nei ponti originali.
Il corpo è costituito da due pezzi di ontano accostati perfettamente lungo la linea mediana, in modo così preciso che inizialmente ho pensato si trattasse di un pezzo unico. Le cavità del body ricordano quelle delle prime Stratocaster pre-CBS: ciascun pickup ha infatti un alloggio separato ed il vano elettronica è privo della spalla introdotta per ospitare la vite aggiuntiva dei battipenna ad undici viti.
Dopo aver rimosso la vernice poliuretanica particolarmente spessa e dura, Amedeo Riccioni ha riverniciato il body con un sottilissimo sunburst a tre toni alla nitro che lascia intravedere bene le venature del legno. Non sono fissato con questo tipo di vernice, ma mi piace l'aspetto che dona alle Stratocaster e il modo in cui si rovina ed invecchia.
L'aspetto light relic e la superficie poco lucida, insieme all'hardware Callaham distressed, danno alla chitarra un aspetto vissuto ma non abusato.
Particolarmente interessante è il manico in acero trattato con una vernice uretanica lucida (che ho levigato leggermente con lana d'acciaio per renderlo più scorrevole), dall'aspetto massiccio, legato al body tramite le classiche 4 viti. Il suo profilo “Thick Oval Shape” ricorda quello delle chitarre dei primi anni '60, con una sezione molto vicina ad una semicirconferenza; osservandolo attentamente si può vedere come sia leggermente asimmetrico, con la parte superiore un po' più bombata. La tastiera slab è in pau ferro dal colore nocciola chiaro, attraversata da venature marrone scuro, liscia e particolarmente piatta (radius 12”).
I suoi ventuno tasti Jumbo sono un po’ troppo alti per i miei gusti perchè se da un lato facilitano l’esecuzione di legati, dall’altra gli slide ne vengono ostacolati: ultimamente ho quindi preferito abbassarli leggermente. I classici segnatasti dal colore bianco sporco mi sembrano un po’ anonimi e Alessandro Ciccantelli li ha sostituiti con la copia dei vecchi clay dots della Musikcraft.
Il truss rod, proprio come nelle Stratocaster pre-CBS, può essere regolato solo alla base del manico.
Sulla paletta in acero, vagamente chiazzata a causa delle venature del legno, anch’essa verniciata e lucidata come il manico e dal colore molto attraente, spiccano la firma di Stevie Ray Vaughan e lo “spaghetti” logo “Fender”, senza numeri di brevetto. Ho sostituito le meccaniche originali con le Kluson style Callaham (che mi hanno colpito per quantità di lubrificante) e il tendi corda a farfalla con quello circolare (sempre Callaham), tutto sempre distressed.
Ho sostituito anche le plastiche: un battipenna nero opaco fatto da Silvano Pulice di battipenna.it, su cui ho attaccato il decal "SRV" bianco presente sulla Number One negli ultimi periodi di Stevie, ha preso il posto di quello originale, al di sotto del quale ho messo un sottile foglio di alluminio che segue tutto il perimetro del battipenna, mentre i potenziometri del tono e del volume, il tip della leva e del selettore e le mascherine dei pickup, di colore bianco, eleganti ma troppo accesi per i miei gusti, li ho sostituiti con quelli Aged Ivory Cream della Monster Relic.
NOTE FINALI
In seguito all'acquisto di altra strumentazione, ho rimontato l'hardware e i pickup originali.
Dopo aver rimosso la vernice poliuretanica particolarmente spessa e dura, Amedeo Riccioni ha riverniciato il body con un sottilissimo sunburst a tre toni alla nitro che lascia intravedere bene le venature del legno. Non sono fissato con questo tipo di vernice, ma mi piace l'aspetto che dona alle Stratocaster e il modo in cui si rovina ed invecchia.
L'aspetto light relic e la superficie poco lucida, insieme all'hardware Callaham distressed, danno alla chitarra un aspetto vissuto ma non abusato.
Particolarmente interessante è il manico in acero trattato con una vernice uretanica lucida (che ho levigato leggermente con lana d'acciaio per renderlo più scorrevole), dall'aspetto massiccio, legato al body tramite le classiche 4 viti. Il suo profilo “Thick Oval Shape” ricorda quello delle chitarre dei primi anni '60, con una sezione molto vicina ad una semicirconferenza; osservandolo attentamente si può vedere come sia leggermente asimmetrico, con la parte superiore un po' più bombata. La tastiera slab è in pau ferro dal colore nocciola chiaro, attraversata da venature marrone scuro, liscia e particolarmente piatta (radius 12”).
I suoi ventuno tasti Jumbo sono un po’ troppo alti per i miei gusti perchè se da un lato facilitano l’esecuzione di legati, dall’altra gli slide ne vengono ostacolati: ultimamente ho quindi preferito abbassarli leggermente. I classici segnatasti dal colore bianco sporco mi sembrano un po’ anonimi e Alessandro Ciccantelli li ha sostituiti con la copia dei vecchi clay dots della Musikcraft.
Il truss rod, proprio come nelle Stratocaster pre-CBS, può essere regolato solo alla base del manico.
Sulla paletta in acero, vagamente chiazzata a causa delle venature del legno, anch’essa verniciata e lucidata come il manico e dal colore molto attraente, spiccano la firma di Stevie Ray Vaughan e lo “spaghetti” logo “Fender”, senza numeri di brevetto. Ho sostituito le meccaniche originali con le Kluson style Callaham (che mi hanno colpito per quantità di lubrificante) e il tendi corda a farfalla con quello circolare (sempre Callaham), tutto sempre distressed.
Ho sostituito anche le plastiche: un battipenna nero opaco fatto da Silvano Pulice di battipenna.it, su cui ho attaccato il decal "SRV" bianco presente sulla Number One negli ultimi periodi di Stevie, ha preso il posto di quello originale, al di sotto del quale ho messo un sottile foglio di alluminio che segue tutto il perimetro del battipenna, mentre i potenziometri del tono e del volume, il tip della leva e del selettore e le mascherine dei pickup, di colore bianco, eleganti ma troppo accesi per i miei gusti, li ho sostituiti con quelli Aged Ivory Cream della Monster Relic.
NOTE FINALI
In seguito all'acquisto di altra strumentazione, ho rimontato l'hardware e i pickup originali.