Certo che erano proprio belli quei tempi del liceo negli anni '90. Anni pieni di sogni, ambizioni, speranze e tanta voglia di assaporare ogni istante, ma al tempo stesso caratterizzati da quella leggerezza che solo chi non ha ancora vent'anni riesce a provare. Avevamo tutti voglia di spaccare il mondo; io e la mia band, i Rebel Rousers, eravamo convinti che prima o poi la nostra musica sarebbe arrivata alle orecchie di qualche talent scout e poi, grazie a lui, nei walkman di tutti i ragazzi d'Italia, se non del mondo intero.
Ma non eravamo gli unici: come noi, migliaia di teenagers si radunavano nelle sale prove per riuscire a tirare su qualche brano da inserire nella scaletta e da proporre ai locali, alla ricerca di qualche ingaggio.
E mi sembra quasi di vederli, quei ragazzi di vent'anni fa, come se fossi uno spettatore invisibile che con occhi esterni li osserva mentre aspettano il loro turno davanti alla sala prove, proprio come facevo io.
Parlano nervosamente tra di loro perché come al solito il bassista è in ritardo. Poco male, tanto c'è ancora il gruppo delle 17.00 che sta dentro a suonare. Finalmente, mentre il cantante saluta il proprietario della sala e, indicando l'orologio, si fa vedere dai ragazzi che ancora sono dentro e che sembrano non volersene andare, arriva il bassista. Quando il gruppo delle 17.00 smette il chitarrista fa notare al proprietario che stanno per iniziare con dieci minuti di ritardo.
Ma non eravamo gli unici: come noi, migliaia di teenagers si radunavano nelle sale prove per riuscire a tirare su qualche brano da inserire nella scaletta e da proporre ai locali, alla ricerca di qualche ingaggio.
E mi sembra quasi di vederli, quei ragazzi di vent'anni fa, come se fossi uno spettatore invisibile che con occhi esterni li osserva mentre aspettano il loro turno davanti alla sala prove, proprio come facevo io.
Parlano nervosamente tra di loro perché come al solito il bassista è in ritardo. Poco male, tanto c'è ancora il gruppo delle 17.00 che sta dentro a suonare. Finalmente, mentre il cantante saluta il proprietario della sala e, indicando l'orologio, si fa vedere dai ragazzi che ancora sono dentro e che sembrano non volersene andare, arriva il bassista. Quando il gruppo delle 17.00 smette il chitarrista fa notare al proprietario che stanno per iniziare con dieci minuti di ritardo.
Il primo ad entrare nella sala prove è il batterista: è il più muscoloso del gruppo e ha i capelli rasati. Per prima cosa si leva la canottiera e mette dentro la cassa tutto quello che gli capita a tiro: cuscini, custodie imbottite, ovviamente la sua canottiera, e comincia a pestare il pedale. Soddisfatto, inizia anche a battere le sue bacchette contro rullante e piatti. Subito il cantante, infastidito, prova a fermarlo per dare un po' di pace alle sue povere orecchie prima di inondare tutta la sala con la loro frastornante musica, ma il batterista continua indifferente a suonare. Nel frattempo, mentre il chitarrista inizia a sparpagliare sul pavimento tutto il suo armamentario, chitarra, pedali ed amplificatore ("Perché quello della sala non è poi così buono", ripete sempre, anche se gli altri non ne sentono la differenza), con tutta tranquillità entra anche il bassista che si era attardato a salutare il chitarrista dell'altra band. Sembra essere lui il "fighetto" del gruppo, e ne è consapevole: scarpe alla moda, pettinatura impeccabile, camicia bianca e occhiali firmati che ripone subito sul grande amplificatore dai coni gialli della sala (figuriamoci se ne ha uno tutto suo...). In fondo, anche se non è poi così bravo a suonare - aveva iniziato come chitarrista ma poi si era dato al basso, perchè gli sembrava più semplice ed aveva meno concorrenza- , molte ragazze andavano ai loro concerti solo per lui. Nonostante sia entrato con molto ritardo è lui il primo ad attaccare il jack, mentre il chitarrista sta ancora affannandosi su cavetti e pedali, ed inizia ad accompagnarsi al batterista, ponendo definitivamente la parola fine alle speranze del cantante di avere un po' di silenzio per i suoi gorgheggi di riscaldamento. E' lui, il cantante, l'anima del gruppo, il frontman, e, anche se la sua non è una gran voce, è comunque migliore di molte altre della scuola. Capelli lunghi, indossa una maglietta rossa di Che Guevara e una sciarpa arrotolata forse una decina di volte intorno al collo, sebbene sia estate. Nel frastuono generale accende il microfono e, dopo aver portato un dito all'orecchio destro, inizia ad intonare i classici "Sa...", "Brrr", "Css...", come se fosse in preda ad una possessione demoniaca. Aumenta un po' il volume della voce dal mixer per superare il livello del basso e della batteria, ma improvvisamente un graffiante fischio di feedback lo ferma.
Sembra che tutti siano pronti, ma, tanto per cambiare, il chitarrista sta ancora armeggiando con la sua strumentazione. "Ma perché non elimini quel pedale, tanto non lo usi mai?", "Prova a montarli tutti su una pedaliera, così fai prima", gli ripetono gli altri tutte le volte. Ma lui è un perfezionista, figuriamoci se rinuncia a qualche aggeggio: ogni effetto è fondamentale per il suo suono. Però, a dire la verità, nessuno si accorge mai della differenza tra questo e quel pedale, anche se ogni tanto riesce a rimediarne qualcuno vintage o con lo stesso processore introvabile usato dai chitarristi degli anni '60. Sposta l'amplificatore nella sua direzione, perché ogni volta il cantante dice di non riuscire a sentire la sua voce a causa del volume della chitarra; eppure, caso strano, anche lui non si riesce mai a sentire bene quando suona.
Intanto il batterista inizia ad imprecare perché sono passati almeno dieci minuti e ancora non hanno iniziato, e nel frattempo si accorge anche che il suo rullante è dannatamente stonato: quelle non sono pelli da batteria e tra l'altro le aste fanno schifo.
Finalmente il chitarrista accende l' amplificatore, ma deve far scaldare le valvole e quindi bisogna aspettare ancora un po'. Allora il bassista prova a cimentarsi con l'equalizzatore parametrico del suo amplificatore, anche se in fondo non riesce neanche a capire a cosa serva, e fa perfino in tempo a chiamare la sua ragazza di turno per organizzarsi la serata.
Dopo un cenno di intesa del cantante, il batterista batte il tempo e finalmente si parte: inizia il riff di chitarra, l'urlo del frontman, e il primo pezzo prende forma. Il batterista accelera un po', il chitarrista borbotta perché a quella velocità non riesce a fare l'assolo, il bassista ancora non ha capito la differenza tra battere e levare e il cantante ogni tanto deve far riposare la voce perché "oggi proprio non è in giornata".
Il risultato? Proprio bruttino, direi. Ma almeno stanno insieme e condividono una passione, e, quando usciranno e andranno a mangiare una pizza, rideranno, scherzeranno e saranno felici.
E forse prima o poi almeno uno di loro imparerà davvero a suonare. O metterà su un foglio di carta il ricordo di quei giorni da leoni.
Intanto il batterista inizia ad imprecare perché sono passati almeno dieci minuti e ancora non hanno iniziato, e nel frattempo si accorge anche che il suo rullante è dannatamente stonato: quelle non sono pelli da batteria e tra l'altro le aste fanno schifo.
Finalmente il chitarrista accende l' amplificatore, ma deve far scaldare le valvole e quindi bisogna aspettare ancora un po'. Allora il bassista prova a cimentarsi con l'equalizzatore parametrico del suo amplificatore, anche se in fondo non riesce neanche a capire a cosa serva, e fa perfino in tempo a chiamare la sua ragazza di turno per organizzarsi la serata.
Dopo un cenno di intesa del cantante, il batterista batte il tempo e finalmente si parte: inizia il riff di chitarra, l'urlo del frontman, e il primo pezzo prende forma. Il batterista accelera un po', il chitarrista borbotta perché a quella velocità non riesce a fare l'assolo, il bassista ancora non ha capito la differenza tra battere e levare e il cantante ogni tanto deve far riposare la voce perché "oggi proprio non è in giornata".
Il risultato? Proprio bruttino, direi. Ma almeno stanno insieme e condividono una passione, e, quando usciranno e andranno a mangiare una pizza, rideranno, scherzeranno e saranno felici.
E forse prima o poi almeno uno di loro imparerà davvero a suonare. O metterà su un foglio di carta il ricordo di quei giorni da leoni.
Antonio Calvosa
Scena tratta dal film "Jack Frusciante è uscito dal gruppo"