
Alex Gregory è un polistrumentista cui venne conferito il titolo Maestro dal governo britannico nel 1983.
Diplomato al conservatorio di Milano, nonostante la sua formazione classica, amava musicisti moderni come Ritchie Blackmore, Jan Akkerman e Allan Holdsworth: «I grew up on classical music, but I had uncles in rock bands with red Stratocaster guitars. One of them even played an electric mandolin. I was corrupted from day one. I freaked out when I heard Ritchie Blackmore, and hanging around with Allan Holdsworth as a teenager was the final straw», ricorda Alex.
Tuttavia non è solo un apprezzato musicista. Infatti, grazie ad un paio di brevetti, a lui si deve la prima Fender a sette corde. L'idea gli era venuta perché voleva una chitarra elettrica con cui avere la possibilità di suonare sia fragorosi power chords, sia melodie nate per il violino, che ha un'estensione maggiore. In più voleva il ventiquattresimo tasto per suonare l'intro del Capriccio n.5 in La minore di Paganini.
«By the time I was at college studying orchestration, I had already devised the concept of a 24-fret seven-string guitar with a top A string. In my mind, that was the instrument I needed to play my favorite romantic violin parts with a rock sound. It’s lucky that I didn’t live in the Middle Ages—back then I would have been burned alive for thinking such impure thoughts!», scherza il musicista.
Sembra che anche la Gibson fosse interessata alla commercializzazione del modello di Alex Greogory, tuttavia il polistrumentista scelse la Fender per la sua realizzazione. Un paio di prototipi vennero presentati al NAMM di Anaheim, gennaio 1988, e due modelli, la Alex Gregory Ultra 7-string Stratocaster e la Alex Gregory Elite 7-string Stratocaster entrarono nel catalogo del 1988 come terza signature Fender, dopo la Clapton e la Malmsteen; tuttavia la chitarra non venne mai prodotta su larga scala, ad eccezione delle repliche del Custom Shop fabbricate molti anni dopo.
La versione Ultra aveva tastiera in ebano scalloped, manico e body in acero molto figurato e hardware dorato; l'Elite tastiera in palissandro e hardware cromato. Entrambe avevano ventiquattro tasti, scala di 25,5" e tre Fender Lace Sensor. Il manico aveva un tapering molto pronunciato: cioè il rapporto tra la larghezza all'ultimo tasto e quello al capotasto era maggiore di quello delle Stratocaster dell'epoca, in modo da garantire un comfort migliore.
Le criticità della sette corde erano dovute soprattutto dovute alla perdita di sustain sulla corda aggiuntiva di La, la più sottile di tutte. Per superare questo problema Alex mise a punto un nuovo ponte e meccaniche con altezze differenti. Il ponte, che ricordava quello vintage style, non era fissato al body tramite sei viti, ma tramite due viti più esterne, ancorate per bene al corpo, dette di fissaggio, e tramite altre due, quelle interne, dette stabilizzatrici, lasciate meno strette; le sue sellette erano alla massima altezza possibile. Questo tipo di ponte doveva garantire la massima trasmissione di vibrazioni dalle corde al corpo, per un sustain maggiore. Anche le meccaniche staggered, grazie alle quali le corde più alte avevano un migliore angolo d'incisione al capotasto, erano state studiate per aumentare il sustain.
Diplomato al conservatorio di Milano, nonostante la sua formazione classica, amava musicisti moderni come Ritchie Blackmore, Jan Akkerman e Allan Holdsworth: «I grew up on classical music, but I had uncles in rock bands with red Stratocaster guitars. One of them even played an electric mandolin. I was corrupted from day one. I freaked out when I heard Ritchie Blackmore, and hanging around with Allan Holdsworth as a teenager was the final straw», ricorda Alex.
Tuttavia non è solo un apprezzato musicista. Infatti, grazie ad un paio di brevetti, a lui si deve la prima Fender a sette corde. L'idea gli era venuta perché voleva una chitarra elettrica con cui avere la possibilità di suonare sia fragorosi power chords, sia melodie nate per il violino, che ha un'estensione maggiore. In più voleva il ventiquattresimo tasto per suonare l'intro del Capriccio n.5 in La minore di Paganini.
«By the time I was at college studying orchestration, I had already devised the concept of a 24-fret seven-string guitar with a top A string. In my mind, that was the instrument I needed to play my favorite romantic violin parts with a rock sound. It’s lucky that I didn’t live in the Middle Ages—back then I would have been burned alive for thinking such impure thoughts!», scherza il musicista.
Sembra che anche la Gibson fosse interessata alla commercializzazione del modello di Alex Greogory, tuttavia il polistrumentista scelse la Fender per la sua realizzazione. Un paio di prototipi vennero presentati al NAMM di Anaheim, gennaio 1988, e due modelli, la Alex Gregory Ultra 7-string Stratocaster e la Alex Gregory Elite 7-string Stratocaster entrarono nel catalogo del 1988 come terza signature Fender, dopo la Clapton e la Malmsteen; tuttavia la chitarra non venne mai prodotta su larga scala, ad eccezione delle repliche del Custom Shop fabbricate molti anni dopo.
La versione Ultra aveva tastiera in ebano scalloped, manico e body in acero molto figurato e hardware dorato; l'Elite tastiera in palissandro e hardware cromato. Entrambe avevano ventiquattro tasti, scala di 25,5" e tre Fender Lace Sensor. Il manico aveva un tapering molto pronunciato: cioè il rapporto tra la larghezza all'ultimo tasto e quello al capotasto era maggiore di quello delle Stratocaster dell'epoca, in modo da garantire un comfort migliore.
Le criticità della sette corde erano dovute soprattutto dovute alla perdita di sustain sulla corda aggiuntiva di La, la più sottile di tutte. Per superare questo problema Alex mise a punto un nuovo ponte e meccaniche con altezze differenti. Il ponte, che ricordava quello vintage style, non era fissato al body tramite sei viti, ma tramite due viti più esterne, ancorate per bene al corpo, dette di fissaggio, e tramite altre due, quelle interne, dette stabilizzatrici, lasciate meno strette; le sue sellette erano alla massima altezza possibile. Questo tipo di ponte doveva garantire la massima trasmissione di vibrazioni dalle corde al corpo, per un sustain maggiore. Anche le meccaniche staggered, grazie alle quali le corde più alte avevano un migliore angolo d'incisione al capotasto, erano state studiate per aumentare il sustain.
Il brevetto della chitarre elettrica a sette corde di Alex Gregory

I prototipi esposti al NAMM del 1988 erano leggermente differenti: scala di 25" e paletta reverse. La prima aveva tastiera scalloped in ebano, one piece quilted maple body dalla finitura burgundy see-through, tre Seymour Duncan ad otto poli esposti e gold hardware. La seconda aveva una tastiera "non scalloped" in palissandro brasiliano, one piece swamp ash body con finitura peach pearl e nickel hardware.
A questi seguì un terzo prototipo dalla scala di 25,5", paletta non-reverse, meccaniche staggered, one piece maple neck, one piece swamp ash body, finitura Blonde e 3 Seymour Duncan 7 string alnico V stack pickups (cream bobbins). Questo era il prototipo perfetto, ma alla fine la sua signature non fu mai lanciata.
A questi seguì un terzo prototipo dalla scala di 25,5", paletta non-reverse, meccaniche staggered, one piece maple neck, one piece swamp ash body, finitura Blonde e 3 Seymour Duncan 7 string alnico V stack pickups (cream bobbins). Questo era il prototipo perfetto, ma alla fine la sua signature non fu mai lanciata.
Tra il 2001 e il 2003 la Fender ripropose alcuni modelli della Limited Edition Alex Gregory 7 String Stratocaster, tutti diversi tra loro e realizzati dal Custom Shop dietro la supervisione di George Blanda, con la firma del chitarrista sulla parte anteriore della paletta.
Antonio Calvosa
Una replica Custom Shop della Alex Gregory String (gbase.com)