L'Eric Johnson Stratocaster viene considerata oggi una pietra miliare nella produzione delle Stratocaster, perché i numerosi studi effettuati nella realizzazione di questa chitarra portarono ad un miglioramento generale dell'intera produzione Fender.
La Fender aveva più volte proposto ad Eric Johnson di creare una signature che portasse il suo nome, tuttavia il musicista declinò sempre, almeno fino a quando non conobbe Michael Frank-Braun, Principal Engineer della Fender, che lavorava per l'azienda di Corona dal 1997 e che aveva partecipato a numerosi progetti, come la Jimmie Vaughan, il Marcus Miller o la Bonnie Raitt.
Eric Johnson ammirava molto Michael perché, secondo lui, era in grado di catturare l'essenza delle chitarre vintage unendola a particolari futuristici. Da parte sua, a Michael piaceva lavorare con Eric per il modo in cui il chitarrista cercava il "tono perfetto", proprio come molti musicisti classici tedeschi.
Eric e Michael iniziarono a lavorare insieme nel 2003, buttando giù alcune idee che portarono, dopo ben due anni di studi, nel 2005, alla realizzazione del primo prototipo della nuova signature, nero dal battipenna bianco.
Nella descrizione della sua chitarra, Eric ripeteva sempre che era alla ricerca di uno strumento leggero e risonante, dotato di un attraente "vibe" e che si suonasse facilmente. Il punto di partenza era una sua Stratocaster del '57, ma desiderava una tastiera più piatta (12"), «flat enough that you can lower action and stretch the strings without having them "fret out"», e tasti più grandi.
Nonostante adorasse le tastiere in palissandro, Eric Johnson preferiva le Stratocaster fretted maple neck, perché dotate, a suo giudizio, di un suono più "puro". In particolare voleva, per la sua signature, un manico quarter-sawn, perché era evidente che trasmetteva meglio le vibrazioni, e dal profilo a "V" '57 style che tendeva ad un largo "C" al 12° tasto.
Il corpo doveva essere in ontano «because that's what they used in the '50s» - forse su questa affermazione si avrà un po' da ridire - e dava alla chitarra il timbro che lui stava cercando. Era, come voluto dal chitarrista, in due pezzi, leggero e dal contour profondo, e ricoperto da una sottile finitura alla nitro, di qualità pari a quelle usate dal Custom Shop.
La Fender aveva più volte proposto ad Eric Johnson di creare una signature che portasse il suo nome, tuttavia il musicista declinò sempre, almeno fino a quando non conobbe Michael Frank-Braun, Principal Engineer della Fender, che lavorava per l'azienda di Corona dal 1997 e che aveva partecipato a numerosi progetti, come la Jimmie Vaughan, il Marcus Miller o la Bonnie Raitt.
Eric Johnson ammirava molto Michael perché, secondo lui, era in grado di catturare l'essenza delle chitarre vintage unendola a particolari futuristici. Da parte sua, a Michael piaceva lavorare con Eric per il modo in cui il chitarrista cercava il "tono perfetto", proprio come molti musicisti classici tedeschi.
Eric e Michael iniziarono a lavorare insieme nel 2003, buttando giù alcune idee che portarono, dopo ben due anni di studi, nel 2005, alla realizzazione del primo prototipo della nuova signature, nero dal battipenna bianco.
Nella descrizione della sua chitarra, Eric ripeteva sempre che era alla ricerca di uno strumento leggero e risonante, dotato di un attraente "vibe" e che si suonasse facilmente. Il punto di partenza era una sua Stratocaster del '57, ma desiderava una tastiera più piatta (12"), «flat enough that you can lower action and stretch the strings without having them "fret out"», e tasti più grandi.
Nonostante adorasse le tastiere in palissandro, Eric Johnson preferiva le Stratocaster fretted maple neck, perché dotate, a suo giudizio, di un suono più "puro". In particolare voleva, per la sua signature, un manico quarter-sawn, perché era evidente che trasmetteva meglio le vibrazioni, e dal profilo a "V" '57 style che tendeva ad un largo "C" al 12° tasto.
Il corpo doveva essere in ontano «because that's what they used in the '50s» - forse su questa affermazione si avrà un po' da ridire - e dava alla chitarra il timbro che lui stava cercando. Era, come voluto dal chitarrista, in due pezzi, leggero e dal contour profondo, e ricoperto da una sottile finitura alla nitro, di qualità pari a quelle usate dal Custom Shop.
Molta attenzione fu dedicata al ponte. Ai tempi di Leo il foro in cui erano ospitate le corde nel blocco del tremolo aveva due diametri: uno più grande, in cui s'incastrava la parte finale della corda, che in quel periodo aveva la forma a missile (bullet), e uno più piccolo destinato alla corda stessa. Col passare degli anni le aziende produttrici di corde iniziarono a sostituire il bullet con una parte terminale tondeggiante. Se il bullet, però, s'incastrava bene nei fori del tremolo, le nuove corde non erano così stabili, e la Fender iniziò a modificare questi fori, scavando sempre più in profondità nel blocco del tremolo e togliendo quindi sempre più metallo. Eric per la sua signature volle un ponte che avesse un blocco più pesante e con più metallo, che rispettasse le caratteristiche del Tremolo Sincronizzato di Leo Fender: «It really made a difference capturing some vintage tone». Non volle neanche che la giunzione tra il tremolo block e il base plate fosse verniciata. Infatti quando la Fender lanciò l'American Standard Stratocaster, il ponte iniziò ad essere powder-coated, non più verniciato. Il punto di giunzione tra base plate e blocco non doveva essere verniciato; tuttavia, non è chiaro perché, tutto il blocco, per errore, iniziò ad essere powder coated. Eric, per il suo ponte, decise di tornare ad una vernice argentata su tutto il blocco, tranne per la giunzione tra blocco e base plate, dove preferì mantenere un contatto «metal to metal».
Il ponte era munito di quattro molle ed era privo di mascherina, poiché Eric era fermamente convinto che in questo modo lo strumento si avvicinasse di più al suo suono ideale.
Michael Frank-Braun lavorò a lungo sui pickup, cercando quelli che riuscissero a catturare meglio l'essenza del suono dei pickup vintage. Partendo da centottanta prototipi, Michael selezionò diciannove versioni prima di arrivare a quella definitiva, in grado di cogliere in modo differente il suono delle corde wound da quelle plain. Dai suoi studi sui pickup vintage scoprì che anche se Leo aveva ordinato fili dello spessore di AWG42, la loro grandezza reale poteva variare leggermente. Michael selezionò i fili prodotti da un'azienda tedesca, l'Elektrisola, che produceva sei tipi differenti di fili di rame grandi circa AWG42, in modo da ottenere il suono desiderato da Eric. Anche il tipo e lo spessore dell'isolante usato sono fondamentali nel suono finale. Ovviamente la scelta di Micheal ed Eric ricadde sul Formvar applicato nel modo più sottile possibile.
Sulla paletta spiccava il classico Spaghetti logo, meccaniche vintage style ma staggered, e l'assenza sia del tendi corde, che secondo il musicista poteva portare alcuni problemi di intonazione, sia della sua firma. Il capotasto era in osso, ed fu la prima volta che la Fender usò questo materiale per una Stratocaster factory.
Il neck plate mostrava l'incisione di un Kokopelli (una divinità preistorica della tribù indiana Navajo) che suonava la chitarra, la sigla "EJ" e il seriale, che iniziava sempre per "EJ" e seguito da cinque numeri.
Con il tempo la Fender modificò leggermente questa chitarra: a parte le finiture, le molle del tremolo furono aumentate a cinque nel 2010, ma soprattutto nel 2009 venne inserita sul catalogo anche la versione con manico in acero e tastiera in palissandro round lam con binding laterale.
Nel 2018 invece vide la luce la versione thinline. Eric suggerì per la prima volta alla Fender di fare una versione thinline della sua signature, aggiungendo un buco ad “F”, nel 2015, in modo da darle alcune delle risonanze tipiche delle sue chitarre semi-hollow. Eric era fermamente convinto che c’era un sottile equilibrio tra un corpo pieno in ontano ed uno completamente scavato. «There's kind of an energy feedback thing that happens from that little bit of hollow bodies» diceva Eric. «So, we experimented with trying to find just the right amount of solid wood through the middle. It would still kind of give you that punch and that midrange that a solid body does, but leave enough of that regeneration to when you play it. You can feel that».
Il ponte era munito di quattro molle ed era privo di mascherina, poiché Eric era fermamente convinto che in questo modo lo strumento si avvicinasse di più al suo suono ideale.
Michael Frank-Braun lavorò a lungo sui pickup, cercando quelli che riuscissero a catturare meglio l'essenza del suono dei pickup vintage. Partendo da centottanta prototipi, Michael selezionò diciannove versioni prima di arrivare a quella definitiva, in grado di cogliere in modo differente il suono delle corde wound da quelle plain. Dai suoi studi sui pickup vintage scoprì che anche se Leo aveva ordinato fili dello spessore di AWG42, la loro grandezza reale poteva variare leggermente. Michael selezionò i fili prodotti da un'azienda tedesca, l'Elektrisola, che produceva sei tipi differenti di fili di rame grandi circa AWG42, in modo da ottenere il suono desiderato da Eric. Anche il tipo e lo spessore dell'isolante usato sono fondamentali nel suono finale. Ovviamente la scelta di Micheal ed Eric ricadde sul Formvar applicato nel modo più sottile possibile.
Sulla paletta spiccava il classico Spaghetti logo, meccaniche vintage style ma staggered, e l'assenza sia del tendi corde, che secondo il musicista poteva portare alcuni problemi di intonazione, sia della sua firma. Il capotasto era in osso, ed fu la prima volta che la Fender usò questo materiale per una Stratocaster factory.
Il neck plate mostrava l'incisione di un Kokopelli (una divinità preistorica della tribù indiana Navajo) che suonava la chitarra, la sigla "EJ" e il seriale, che iniziava sempre per "EJ" e seguito da cinque numeri.
Con il tempo la Fender modificò leggermente questa chitarra: a parte le finiture, le molle del tremolo furono aumentate a cinque nel 2010, ma soprattutto nel 2009 venne inserita sul catalogo anche la versione con manico in acero e tastiera in palissandro round lam con binding laterale.
Nel 2018 invece vide la luce la versione thinline. Eric suggerì per la prima volta alla Fender di fare una versione thinline della sua signature, aggiungendo un buco ad “F”, nel 2015, in modo da darle alcune delle risonanze tipiche delle sue chitarre semi-hollow. Eric era fermamente convinto che c’era un sottile equilibrio tra un corpo pieno in ontano ed uno completamente scavato. «There's kind of an energy feedback thing that happens from that little bit of hollow bodies» diceva Eric. «So, we experimented with trying to find just the right amount of solid wood through the middle. It would still kind of give you that punch and that midrange that a solid body does, but leave enough of that regeneration to when you play it. You can feel that».
Virginia Stratocaster
Nel 2020 la Fender ha presentato una nuova serie, detta Stories Collection, con cui proporre le repliche di alcuni strumenti, modificati in base alle esigenze degli artisti, che avevano fatto la storia della musica.
Il prescelto con cui iniziare questa serie era una Stratocaster del 1954 che Eric Johnson aveva chiamato Virginia per via di un nastro adesivo che aveva trovato all'interno della chitarra, sotto il battipenna, su cui era scritta la data e il nome della donna che aveva avvolto i pickup dello strumento: «I was changing out a pickup on the guitar, and I pulled the pickguard off. There was that piece of tape in there, and it said Virginia, June - I can't remember - 1954. And when I was saw that I went: Ah, okay. I'll just call it Virginia».
Eric Johnson comprò questa chitarra quando aveva circa vent'anni. Si trovava nel negozio di J.R. Reed, ad Austin, in Texas, per far riparare il cono di un amplificatore, quando i suoi occhi caddero su una Stratocaster del '54 lasciata in un angolo, senza custodia. Era stata portata nel negozio perché un pickup non funzionava bene. Fu amore a prima vista. Eric avrebbe voluto acquistarla e si fece dare il numero di telefono del proprietario, che inizialmente si mostrò un po' titubante all'idea di venderla perché era un regalo del nonno; tuttavia accettò uno scambio con una Gibson.
Johnson usò la Virginia Stratocaster per molto tempo, la impiegò nelle registrazioni di Ah Via Musicom e Venus Isle e la portava sempre in tour.
Purtroppo un giorno Eric, cadendo, ruppe la chitarra. Provò a ripararla, ma sembrava aver perso quel suono che gli piaceva tanto e la mise in vendita.
Il musicista provò molte altre Stratocaster del '54 per sostituirla, ma non capiva perché nessuna aveva quel suono così paticolare. Fu Michael Stevens che gli suggerì che il segreto si celava nel suo corpo in sassofrasso. «Evidently, in '53 and '54 Leo got a little bit of Sassafras, and he built some Teles and Strats with it», ricorda Eric.
Questa Stratocaster, però, aveva subito molte modifiche ed era quindi molto diversa da una Stratocaster stock del 1954. La tastiera era stata appiattita ed erano stati montati dei tasti più grandi da un liutaio di Austin, Zack Barry, da cui Eric portava le chitarre per farle riparare. Per cercare di avere un suono più equilibrato sul Mi cantino, Johnson sostituì la selletta originale prima con una pressofusa degli anni '70, con il risultato, però, di avere un suono troppo tagliente, e infine con una "block saddle" graph tech. Sostituì il pickup centrale e quello al manico con dei pickup Fender in Alnico V della fine degli anni '50, quello al ponte con un Di Marzio HS-2, al quale, però, scollegò la bobina inferiore e, per recuperare un po' di frequenze alte, utilizzò un potenziometro del volume da 500k. Mentre i due single coil Fender avevano la stessa polarità, il Di Marzio aveva la polarità opposta, dando un suono "sottile" alla combinazione centrale/ponte, che piaceva però al chitarrista che decise di non modificare ulteriormente l'elettronica. Eric Johnson sostituì il tendi corde circolare con uno a farfalla della fine degli anni '50 con distanziatore in nylon. Insomma, per Eric tanti piccoli particolari, anche le più piccole cose, apparentemente insignificanti, contribuivano al suono della chitarra; per questo modificò tanto la sua Stratocaster del 1954.
Il prescelto con cui iniziare questa serie era una Stratocaster del 1954 che Eric Johnson aveva chiamato Virginia per via di un nastro adesivo che aveva trovato all'interno della chitarra, sotto il battipenna, su cui era scritta la data e il nome della donna che aveva avvolto i pickup dello strumento: «I was changing out a pickup on the guitar, and I pulled the pickguard off. There was that piece of tape in there, and it said Virginia, June - I can't remember - 1954. And when I was saw that I went: Ah, okay. I'll just call it Virginia».
Eric Johnson comprò questa chitarra quando aveva circa vent'anni. Si trovava nel negozio di J.R. Reed, ad Austin, in Texas, per far riparare il cono di un amplificatore, quando i suoi occhi caddero su una Stratocaster del '54 lasciata in un angolo, senza custodia. Era stata portata nel negozio perché un pickup non funzionava bene. Fu amore a prima vista. Eric avrebbe voluto acquistarla e si fece dare il numero di telefono del proprietario, che inizialmente si mostrò un po' titubante all'idea di venderla perché era un regalo del nonno; tuttavia accettò uno scambio con una Gibson.
Johnson usò la Virginia Stratocaster per molto tempo, la impiegò nelle registrazioni di Ah Via Musicom e Venus Isle e la portava sempre in tour.
Purtroppo un giorno Eric, cadendo, ruppe la chitarra. Provò a ripararla, ma sembrava aver perso quel suono che gli piaceva tanto e la mise in vendita.
Il musicista provò molte altre Stratocaster del '54 per sostituirla, ma non capiva perché nessuna aveva quel suono così paticolare. Fu Michael Stevens che gli suggerì che il segreto si celava nel suo corpo in sassofrasso. «Evidently, in '53 and '54 Leo got a little bit of Sassafras, and he built some Teles and Strats with it», ricorda Eric.
Questa Stratocaster, però, aveva subito molte modifiche ed era quindi molto diversa da una Stratocaster stock del 1954. La tastiera era stata appiattita ed erano stati montati dei tasti più grandi da un liutaio di Austin, Zack Barry, da cui Eric portava le chitarre per farle riparare. Per cercare di avere un suono più equilibrato sul Mi cantino, Johnson sostituì la selletta originale prima con una pressofusa degli anni '70, con il risultato, però, di avere un suono troppo tagliente, e infine con una "block saddle" graph tech. Sostituì il pickup centrale e quello al manico con dei pickup Fender in Alnico V della fine degli anni '50, quello al ponte con un Di Marzio HS-2, al quale, però, scollegò la bobina inferiore e, per recuperare un po' di frequenze alte, utilizzò un potenziometro del volume da 500k. Mentre i due single coil Fender avevano la stessa polarità, il Di Marzio aveva la polarità opposta, dando un suono "sottile" alla combinazione centrale/ponte, che piaceva però al chitarrista che decise di non modificare ulteriormente l'elettronica. Eric Johnson sostituì il tendi corde circolare con uno a farfalla della fine degli anni '50 con distanziatore in nylon. Insomma, per Eric tanti piccoli particolari, anche le più piccole cose, apparentemente insignificanti, contribuivano al suono della chitarra; per questo modificò tanto la sua Stratocaster del 1954.
Quando la Fender lo contattò per realizzare una replica, fu molto entusiasta: «Wow, could we possibly make a replica of one of my favorite guitars I've ever owned?» fu la sua prima reazione. Era davvero entusiasta dell'idea: «This is awesome. Cause, I was able to get a brand-new guitar that has a lot of the soul and, and magic that my original Virginia had».
La Fender ha realizzato due modelli: uno factory ed uno Custom Shop, la cui produzione è stata seguita dal master builder Alex Perez.
«Wow, it's got this tone that I've been looking for that has, like my original one», ha dichiarato Eric, quando ha visto per la prima volta il prototipo». «The neck on these US production models is strikingly similar to every single '54 I've ever played. And that was by design and by purpose. It's a little thicker than some Strat necks, but not super wide. It's wide enough to be comfortable. It's easier to get around. And I particularly like this kind of neck; it's really my favorite neck».
Le differenze tra il modello factory e quello Custom Shop riguardavano principalmente i single coil avvolti a mano, i potenziometri, e il manico in acero figurato nel modello Costum Shop; in entrambi i modelli le sellette erano vintage style, tranne quella del mi cantino, Graph Tech String Saver nel modello Custom Shop, normale block come quelle delle American Standard nell'omologa factory.
La Fender ha realizzato due modelli: uno factory ed uno Custom Shop, la cui produzione è stata seguita dal master builder Alex Perez.
«Wow, it's got this tone that I've been looking for that has, like my original one», ha dichiarato Eric, quando ha visto per la prima volta il prototipo». «The neck on these US production models is strikingly similar to every single '54 I've ever played. And that was by design and by purpose. It's a little thicker than some Strat necks, but not super wide. It's wide enough to be comfortable. It's easier to get around. And I particularly like this kind of neck; it's really my favorite neck».
Le differenze tra il modello factory e quello Custom Shop riguardavano principalmente i single coil avvolti a mano, i potenziometri, e il manico in acero figurato nel modello Costum Shop; in entrambi i modelli le sellette erano vintage style, tranne quella del mi cantino, Graph Tech String Saver nel modello Custom Shop, normale block come quelle delle American Standard nell'omologa factory.
Antonio Calvosa