Di solito tutte le Paul Reed Smith di produzione americana, anche quelle non anniversary, hanno un fascino e una cura maniacale dei dettagli che le rendono speciali, da collezione, comode e con un suono eccezionale sul palco, bellissime da ammirare esposte sulla parete di casa.
Per celebrare il suo 25° anniversario, però, la PRS ha messo a punto una Custom 24 veramente unica.
La chitarra si presenta in una custodia in simil pelle bianca, su cui spicca il logo PRS 25th anniversary. Come tutte le custodie PRS anche questa avvolge alla perfezione la chitarra, proteggendola nel migliore dei modi possibili: nel vano chitarra non potrebbe entrare niente oltre alla Custom24.
Aprendo la custodia la prima cosa che salta agli occhi è la paletta, inclinata come le altre Custom 24, che presenta, in questa serie, un riporto in cocobolo davvero originale, su cui emerge un intarsio in abalone raffigurante un’aquila. Più in basso gli uccelli-ombra in abalone a doppia colorazione si tuffano lungo una tastiera in palissandro indiano dal colore scuro ed uniforme, liscia, con binding laterale, dal radius di 10” e sostenuta da un robusto manico in mogano. Il manico è incollato in profondità all’interno di un corpo in pezzo unico di mogano tramite un “tacco lungo” che a mio avviso non limita assolutamente l’accessibilità agli ultimi tasti.
Il body è ricoperto da un bellissimo top in acero fiammato “ten top”, particolarmente “tridimensionale”, bombato in modo da far risaltare al meglio le forme con un bellissimo gioco di riflessi e dalla rara finitura smoked amber. Questa vernice è applicata solo sulla parte frontale del top, lasciando intravedere il bordino laterale naturale del legno. Ovviamente, essendo naturale, questo bordino non ha una colorazione uniforme ma irregolare dovuta alle venature dell’acero, cosa che la rende ancora più attraente. La parte posteriore del body, del manico e della paletta hanno una leggera tinta bordeaux scuro che lascia intravedere le venature del mogano.
Per celebrare il suo 25° anniversario, però, la PRS ha messo a punto una Custom 24 veramente unica.
La chitarra si presenta in una custodia in simil pelle bianca, su cui spicca il logo PRS 25th anniversary. Come tutte le custodie PRS anche questa avvolge alla perfezione la chitarra, proteggendola nel migliore dei modi possibili: nel vano chitarra non potrebbe entrare niente oltre alla Custom24.
Aprendo la custodia la prima cosa che salta agli occhi è la paletta, inclinata come le altre Custom 24, che presenta, in questa serie, un riporto in cocobolo davvero originale, su cui emerge un intarsio in abalone raffigurante un’aquila. Più in basso gli uccelli-ombra in abalone a doppia colorazione si tuffano lungo una tastiera in palissandro indiano dal colore scuro ed uniforme, liscia, con binding laterale, dal radius di 10” e sostenuta da un robusto manico in mogano. Il manico è incollato in profondità all’interno di un corpo in pezzo unico di mogano tramite un “tacco lungo” che a mio avviso non limita assolutamente l’accessibilità agli ultimi tasti.
Il body è ricoperto da un bellissimo top in acero fiammato “ten top”, particolarmente “tridimensionale”, bombato in modo da far risaltare al meglio le forme con un bellissimo gioco di riflessi e dalla rara finitura smoked amber. Questa vernice è applicata solo sulla parte frontale del top, lasciando intravedere il bordino laterale naturale del legno. Ovviamente, essendo naturale, questo bordino non ha una colorazione uniforme ma irregolare dovuta alle venature dell’acero, cosa che la rende ancora più attraente. La parte posteriore del body, del manico e della paletta hanno una leggera tinta bordeaux scuro che lascia intravedere le venature del mogano.
Le meccaniche PRS 14:1 Phase II low-mass locking tuners e il ponte PRS tremolo a 6 viti tengono egregiamente l’accordatura e garantiscono un sustain che non mi aspettavo per un ponte fluttuante.
La coppia di humbucker 57/08, splittabili in single-coil, sono ricoperti da una mascherina dorata e circondati da pickup ring color crema, che inizialmente avevo pensato di rimpiazzare con modelli in legno. I pickup erano controllati originariamente tramite lo switch rotativo a 5 vie (che offre comunque interessanti combinazioni sonore) che ho sostituito con il classico e più comodo push pull a 3 vie. Ho rimpiazzato l’originale trussrod cover “Custom” con uno in ebano e l’estremità del tremolo con uno in palissandro del Madagascar.
I potenziometri del volume e del tono sono ambrati e, a differenza delle altre Custom 24, “sfaccettati”; mi hanno inoltre stupito per la loro precisione nel controllo del tono e del volume e per la loro capacità di farmi apprezzare le diverse sfumature di suono durante tutta la corsa delle manopole.
La PRS offre la possibilità di scegliere tra tre profili di manici: quello wide thin, quello standard (o regular) e quello wide fat. Ho escluso il manico sottile, sia per il suo impatto sul suono, sia perché mi piace sentire la chitarra che riempie totalmente la mano quando suono; ho perciò optato per lo standard, in quanto quello fat era un po’ troppo “wide”.
Descriverne il suono non ha molto senso e non è semplice. Non bastano i pickup splittabili o il diapason “ibrido” di 25.00” per definirla una via di mezzo tra una Strato e una Les Paul dal suono impersonale. Ha un suono tutto suo, caldo e sufficientemente medioso ma non impastato se ne utilizziamo gli humbucker, decisamente più vicino alla Gibson, probabilmente perché ne condivide l’accoppiata mogano/acero. Splittata in single-coil non si avvicina per nulla al suono cristallino della Stratocaster: è molto più scura.
Ne preferisco decisamente il suono distorto e nella versione humbucker, motivo per il quale ho comprato questa chitarra.
L'aspetto che mi ha colpito maggiormente la prima volta che l’ho collegata al mio amplificatore dopo aver montato le 011 è che questa chitarra suonava, suonava, suonava: le corde non finivano mai di vibrare. Mai sentito un suono tanto ricco e pieno di sustain. Uno strumento potente, ma anche decisamente comodo ed estremamente docile.
La coppia di humbucker 57/08, splittabili in single-coil, sono ricoperti da una mascherina dorata e circondati da pickup ring color crema, che inizialmente avevo pensato di rimpiazzare con modelli in legno. I pickup erano controllati originariamente tramite lo switch rotativo a 5 vie (che offre comunque interessanti combinazioni sonore) che ho sostituito con il classico e più comodo push pull a 3 vie. Ho rimpiazzato l’originale trussrod cover “Custom” con uno in ebano e l’estremità del tremolo con uno in palissandro del Madagascar.
I potenziometri del volume e del tono sono ambrati e, a differenza delle altre Custom 24, “sfaccettati”; mi hanno inoltre stupito per la loro precisione nel controllo del tono e del volume e per la loro capacità di farmi apprezzare le diverse sfumature di suono durante tutta la corsa delle manopole.
La PRS offre la possibilità di scegliere tra tre profili di manici: quello wide thin, quello standard (o regular) e quello wide fat. Ho escluso il manico sottile, sia per il suo impatto sul suono, sia perché mi piace sentire la chitarra che riempie totalmente la mano quando suono; ho perciò optato per lo standard, in quanto quello fat era un po’ troppo “wide”.
Descriverne il suono non ha molto senso e non è semplice. Non bastano i pickup splittabili o il diapason “ibrido” di 25.00” per definirla una via di mezzo tra una Strato e una Les Paul dal suono impersonale. Ha un suono tutto suo, caldo e sufficientemente medioso ma non impastato se ne utilizziamo gli humbucker, decisamente più vicino alla Gibson, probabilmente perché ne condivide l’accoppiata mogano/acero. Splittata in single-coil non si avvicina per nulla al suono cristallino della Stratocaster: è molto più scura.
Ne preferisco decisamente il suono distorto e nella versione humbucker, motivo per il quale ho comprato questa chitarra.
L'aspetto che mi ha colpito maggiormente la prima volta che l’ho collegata al mio amplificatore dopo aver montato le 011 è che questa chitarra suonava, suonava, suonava: le corde non finivano mai di vibrare. Mai sentito un suono tanto ricco e pieno di sustain. Uno strumento potente, ma anche decisamente comodo ed estremamente docile.