C’è una Stratocaster che ha sempre suscitato molte discussioni riguardo la sua origine, ma di cui si sa poco o nulla: la Stratocaster Standard con Modern Logo, numero di serie che inizia per “I”, “K” o “H” (o, raramente, “F” o “G”) e con la scritta “MADE IN USA” impressa nel legno. Molti a prima vista la definiscono un fake, ma è una chitarra completamente originale.
Con questo articolo non voglio dipanare tutti i dubbi su questa chitarra, che, d’ora in avanti, per comodità, chiamerò semplicemente “I Series Stratocaster”, ma condividere alcune mie considerazioni. |
Prima di tutto riporto quello che dice la Fender su questi strumenti: “A limited number of these “H”, “I” and “K” series guitars were made in '89 and '90. They were made for the export market and have Made in USA stamped on the heel of the neck. Serial numbers are on the front of the headstock.”
Tuttavia questa spiegazione non chiarifica esattamente cosa sia questa chitarra. Una cosa è chiara a tutti: nonostante la scritta “MADE IN USA”, la Fender I Series Stratocaster all’apparenza sembra essere più giapponese (o orientale) che fatta negli Stati Uniti. Le meccaniche e l’elettronica sono infatti tipiche delle Stratocaster giapponesi. E, in effetti, i numeri di serie “I”, “H” e “K”, scritti sulla paletta, sono proprio quelli usati anche sulle chitarre giapponesi costruite tra il 1988 e il 1992, cosa che coincide con le date (1989 o 1990) che si trovano scritte nella tasca del manico o sul tacco del manico delle I Series Stratocaster americane. Inoltre il colore del numero di serie non è nero come quello delle chitarre Made in USA, ma grigio chiaro come quello dei numeri di serie che si trovano sulla paletta delle Stratocaster Standard giapponesi di quel periodo. |
Anche la forma della paletta non corrisponde a quella delle Fender fatte tra il 1989 e il 1990 nella fabbrica americana di Corona, riconoscibili per quel profilo particolare responsabile del loro soprannome “pregnant headstock”. Invece la forma vintage-correct della paletta della I Series Stratocaster era la stessa delle palette delle chitarre giapponesi.
L’elettronica era il più delle volte made in Japan, anche se ho visto qualche I Series Stratocaster con i potenziometri più piccoli, che ricordavano quelli delle chitarre coreane. Stranamente alcune avevano il manico con lo skunk stripe, mentre altre ne erano prive, e, raramente, le parole “MADE IN USA” non erano incise nel legno, ma scritte su un adesivo, oppure non veniva fatto alcun riferimento al paese di produzione.
Ma si possono fare anche altre considerazioni.
In quel periodo, in Giappone, era disponibile una Stratocaster molto simile a questa: la ST-40. Sia la ST-40, che la I Series Stratocaster, avevano una tastiera a 21 tasti, avevano le stesse decal, lo stesso ponte, le stesse meccaniche, ma la ST-40 era priva del marchio “MADE IN USA” o di quello “MADE IN JAPAN”. Inoltre il numero di serie della ST-40 di solito iniziava per “F”, “G”, “I”, “H”, “K”. Sembrava proprio la stessa chitarra, come se lo stesso strumento fosse stato commercializzato anche in Giappone con il nome ST-40.
In quel periodo, in Giappone, era disponibile una Stratocaster molto simile a questa: la ST-40. Sia la ST-40, che la I Series Stratocaster, avevano una tastiera a 21 tasti, avevano le stesse decal, lo stesso ponte, le stesse meccaniche, ma la ST-40 era priva del marchio “MADE IN USA” o di quello “MADE IN JAPAN”. Inoltre il numero di serie della ST-40 di solito iniziava per “F”, “G”, “I”, “H”, “K”. Sembrava proprio la stessa chitarra, come se lo stesso strumento fosse stato commercializzato anche in Giappone con il nome ST-40.
Il ponte era lo stesso: a sei viti, con sellette piene sottili e blocco sottile. Il back plate di entrambe le chitarre aveva i fori centrali allo stesso livello e non sfalsati come le altre Fender Stratocaster (cosa che di solito fa pensare ad un fake). I pomelli di tono e volume avevano, a volte, dei piccoli puntini sotto i numeri, sia nel modello “made in USA”, sia nella ST-40.
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E rimuovendo battipenna e back plate si possono notare altri dettagli importanti.
Alcune I Series Stratocaster “made in USA” avevano un corpo con il routing SSS, altre con quello HSH o HSS o swimming pool, ma, di solito, su tutte era presente un piccolo buco sia sotto il battipenna, sia nella tasca del manico.
Tuttavia, la cosa più strana riguardava la tasca del manico e il rear tremolo routing. Sia la I Series Stratocaster, sia la giapponese ST-40, avevano una tasca del manico con gli angoli allargati, chiamati a volte “Mickey Mouse Ears”, tipica delle Stratocaster Standard americane degli anni ’80 e ’90, ma mai presente sulle Stratocaster giapponesi. Inoltre il rear tremolo routing di entrambe le chitarre, inclusa la ST-40, aveva gli angoli morbidi come le American Standard, e non squadrati come quelli delle chitarre giapponesi.
Alcune I Series Stratocaster “made in USA” avevano un corpo con il routing SSS, altre con quello HSH o HSS o swimming pool, ma, di solito, su tutte era presente un piccolo buco sia sotto il battipenna, sia nella tasca del manico.
Tuttavia, la cosa più strana riguardava la tasca del manico e il rear tremolo routing. Sia la I Series Stratocaster, sia la giapponese ST-40, avevano una tasca del manico con gli angoli allargati, chiamati a volte “Mickey Mouse Ears”, tipica delle Stratocaster Standard americane degli anni ’80 e ’90, ma mai presente sulle Stratocaster giapponesi. Inoltre il rear tremolo routing di entrambe le chitarre, inclusa la ST-40, aveva gli angoli morbidi come le American Standard, e non squadrati come quelli delle chitarre giapponesi.
Queste particolarità mi avevano portato a credere, inizialmente, che il manico di entrambi i modelli fosse fatto in Giappone per via della paletta vintage-correct (non “pregnant”), e che il corpo fosse invece americano anche nel caso della ST-40. Se, da un lato, poteva essere plausibile che il manico fosse di provenienza giapponese e venisse assemblato con un corpo made in USA e venduto negli Stati Uniti con il numero di serie “I” (o “K” e “H”), pensare che il corpo della ST-40 fosse costruito negli USA e spedito in Giappone per essere assemblato con il manico giapponese non ha senso, perché sarebbe stato troppo dispendioso, soprattutto se si considera che la ST-40 era un modello molto economico.
L’unica cosa possibile è che anche il corpo della ST-40 fosse giapponese. Ma come si spiegano allora gli angoli allargati della tasca del manico? In quel periodo poteva succedere che, per massimizzare la produzione, la fabbrica giapponese di Fujigen desse in subappalto alcuni lavori a piccole fabbriche, soprattutto quando si trattava di strumenti economici, che costruivano manici o corpi a volte diversi da quelli fatti dalla Fujigen. E questo potrebbe essere il caso della ST-40, il cui body probabilmente non era costruito a Fujigen, ma era sempre made in Japan, per cui poteva avere delle caratteristiche diverse dai body delle altre Stratocaster giapponesi.
L’unica cosa possibile è che anche il corpo della ST-40 fosse giapponese. Ma come si spiegano allora gli angoli allargati della tasca del manico? In quel periodo poteva succedere che, per massimizzare la produzione, la fabbrica giapponese di Fujigen desse in subappalto alcuni lavori a piccole fabbriche, soprattutto quando si trattava di strumenti economici, che costruivano manici o corpi a volte diversi da quelli fatti dalla Fujigen. E questo potrebbe essere il caso della ST-40, il cui body probabilmente non era costruito a Fujigen, ma era sempre made in Japan, per cui poteva avere delle caratteristiche diverse dai body delle altre Stratocaster giapponesi.
Riguardo invece la I Series Stratocaster, ci sono due possibilità.
La chitarra potrebbe avere sia il corpo, sia il manico, fatti in Giappone, spediti negli USA, ed assemblati con elettronica giapponese o comunque economica. Non sarebbe il primo caso di Fender giapponesi assemblate negli Stati Uniti e vendute come Made in USA.
Oppure, body e manico potevano essere made in Mexico. Per spiegare perché questa è una cosa non solo possibile, ma anche probabile, bisogna ripassare la storia della Fender. La fabbrica di Ensenada, che era stata organizzata nel 1987 dall’ingegnere Fender Bashar Darcazallie, inizialmente si occupava di corde per chitarra. Nel 1989 la fabbrica venne spostata nel luogo dove si trova ancora oggi, in Calle Huerta, Ensenada, dove, prima di costruire chitarre, si occupava della costruzione di alcuni componenti per amplificatori.
Un ruolo chiave nella fabbrica di Ensenada lo aveva la giapponese Fujigen, che fece la joint-venture F&F con la Fender USA per costruire lo stabilimento messicano.
A questo punto è importante ricordare quanto dichiarato da Bill Mendello: «Fujigen brought their machinery with them, plus five or six people. We opened up our Mexican operation, and Fujigen trained the people, using their techniques. So the manufacture of guitars in Mexico was more Japanese-like than it was US-like. We had a few people from USA help them, but for the most part the training, the techinques, the painting, all were Japanese».
L'accordo prevedeva che la FMIC avrebbe fornito l'edificio e il denaro, mentre la Fujigen le tecniche di costruzione e i macchinari. All'inizio tutto in Ensenada era diretto dai giapponesi, non dalla Fender USA. E soprattutto, come disse Mendello, le prime chitarre messicane sembravano più giapponesi che americane.
La chitarra potrebbe avere sia il corpo, sia il manico, fatti in Giappone, spediti negli USA, ed assemblati con elettronica giapponese o comunque economica. Non sarebbe il primo caso di Fender giapponesi assemblate negli Stati Uniti e vendute come Made in USA.
Oppure, body e manico potevano essere made in Mexico. Per spiegare perché questa è una cosa non solo possibile, ma anche probabile, bisogna ripassare la storia della Fender. La fabbrica di Ensenada, che era stata organizzata nel 1987 dall’ingegnere Fender Bashar Darcazallie, inizialmente si occupava di corde per chitarra. Nel 1989 la fabbrica venne spostata nel luogo dove si trova ancora oggi, in Calle Huerta, Ensenada, dove, prima di costruire chitarre, si occupava della costruzione di alcuni componenti per amplificatori.
Un ruolo chiave nella fabbrica di Ensenada lo aveva la giapponese Fujigen, che fece la joint-venture F&F con la Fender USA per costruire lo stabilimento messicano.
A questo punto è importante ricordare quanto dichiarato da Bill Mendello: «Fujigen brought their machinery with them, plus five or six people. We opened up our Mexican operation, and Fujigen trained the people, using their techniques. So the manufacture of guitars in Mexico was more Japanese-like than it was US-like. We had a few people from USA help them, but for the most part the training, the techinques, the painting, all were Japanese».
L'accordo prevedeva che la FMIC avrebbe fornito l'edificio e il denaro, mentre la Fujigen le tecniche di costruzione e i macchinari. All'inizio tutto in Ensenada era diretto dai giapponesi, non dalla Fender USA. E soprattutto, come disse Mendello, le prime chitarre messicane sembravano più giapponesi che americane.
Se si considera che la prima Standard messicana apparve sul catalogo del 1991, è possibile che tra il 1989 e il 1990 la fabbrica di Ensenada stesse facendo degli esperimenti con le chitarre, e che, per non sprecare nulla, queste Stratocaster “pre-production” siano state spedite lo stesso ai distributori.
E forse proprio un distributore incise sul legno le parole “MADE IN USA” alla base del manico. Un ulteriore segno che I Series Stratocaster potessero essere messicane sono i suoi pickup ceramici: anche se alcuni avevano una singola barra magnetica, come i pickup giapponesi, la maggior parte avevano due barre magnetiche come i pickup messicani. |