Era il lontano 1962 e in un piccolo negozio di Hanwell, un quartiere nella periferia di Londra, si stava per cambiare radicalmente la storia del rock, aprendo la strada al “british crunch” e alle note stridule e taglienti della Stratocaster di Jimi Hendrix. La cosa inaspettata è però che questo piccolo negozio di Uxbridge Road 76 almeno inizialmente non era un negozio di chitarre o di amplificatori, ma un negozio di batterie che il maestro Jim Marshall decise di aprire il 7 luglio del 1960: il Jim Marshall & Son.
Da allora è passato più di mezzo secolo e i particolari esatti della nascita di uno dei più importanti amplificatori del blues e del rock sono vaghi e soggetti ad opinioni piuttosto differenti.
Secondo il racconto ufficiale di Jim e di suo figlio Terry Marshall, molti batteristi portavano nel negozio i chitarristi e i bassisti dei loro gruppi e così il giovane Jim pensò di ampliarlo con un reparto di chitarre, bassi e amplificatori, ospitando marchi come Fender, Gibson, Selmer, Watkins e Vox. Nel 1961 Jim assunse un amico di Terry, Mick Borer, che prima di essere assunto suonava come chitarrista nella band Cliff Bennet and the Rebel Rousers, e, nel 1962, Ken Bran come tecnico riparatore. In quel periodo i negozi di strumenti musicali erano tutti dediti al jazz o alla musica orchestrale, per cui la fama del negozio di Marshall crebbe molto rapidamente tra gli adolescenti e i ragazzi che sempre più si avvicinavano al rock.
Da allora è passato più di mezzo secolo e i particolari esatti della nascita di uno dei più importanti amplificatori del blues e del rock sono vaghi e soggetti ad opinioni piuttosto differenti.
Secondo il racconto ufficiale di Jim e di suo figlio Terry Marshall, molti batteristi portavano nel negozio i chitarristi e i bassisti dei loro gruppi e così il giovane Jim pensò di ampliarlo con un reparto di chitarre, bassi e amplificatori, ospitando marchi come Fender, Gibson, Selmer, Watkins e Vox. Nel 1961 Jim assunse un amico di Terry, Mick Borer, che prima di essere assunto suonava come chitarrista nella band Cliff Bennet and the Rebel Rousers, e, nel 1962, Ken Bran come tecnico riparatore. In quel periodo i negozi di strumenti musicali erano tutti dediti al jazz o alla musica orchestrale, per cui la fama del negozio di Marshall crebbe molto rapidamente tra gli adolescenti e i ragazzi che sempre più si avvicinavano al rock.
Fu Ken a suggerire a Jim di impiegare le proprie risorse nella costruzione di un proprio amplificatore, piuttosto che importare dagli USA i costosissimi Fender. Jim, ascoltando attentamente le esigenze dei chitarristi che entravano nel negozio e spinto da Terry, Mick e da un altro loro amico, un Pete Townshend ancora ragazzo, che sognavano un nuovo amplificatore dalle differenti sonorità e dalla maggior potenza, accettò la proposta di Ken.
Tuttavia, nonostante la sua esperienza nella riparazione delle apparecchiature elettroniche, Ken non si sentiva in grado di cimentarsi da solo nella costruzione del nuovo amplificatore e chiese aiuto, nella veste di collaboratore esterno, al suo amico diciottenne Dudley Craven. Dudley era un radioamatore che lavorava come apprendista presso la EMI Electronics, noto come “Whiz kid” (fenomeno) per la sua bravura, a dispetto della sua giovanissima età, nel campo dell’elettronica e che covava già da tempo, insieme a Ken Bran, l'idea di costruire un proprio amplificatore. È a Dudley che dobbiamo gran parte dei meriti se i Marshall sono stati così innovativi e hanno un suono così diverso dai Fender.
Tuttavia, nonostante la sua esperienza nella riparazione delle apparecchiature elettroniche, Ken non si sentiva in grado di cimentarsi da solo nella costruzione del nuovo amplificatore e chiese aiuto, nella veste di collaboratore esterno, al suo amico diciottenne Dudley Craven. Dudley era un radioamatore che lavorava come apprendista presso la EMI Electronics, noto come “Whiz kid” (fenomeno) per la sua bravura, a dispetto della sua giovanissima età, nel campo dell’elettronica e che covava già da tempo, insieme a Ken Bran, l'idea di costruire un proprio amplificatore. È a Dudley che dobbiamo gran parte dei meriti se i Marshall sono stati così innovativi e hanno un suono così diverso dai Fender.
Sotto la supervisione di Ken Bran, Dudley iniziò a progettare i primi prototipi del futuro JTM45 con la collaborazione di due suoi vecchi compagni di scuola, Ken Flegg e Richard “Dick” Findlay. Dato che nel negozio di Jim c'era poco spazio, Dudley lavorava al nuovo amplificatore in una piccola baracca da cui trasmetteva come radioamatore con il nome di “G3PUN” e che si trovava dietro casa sua, al 202C di Uxbridge Road, mentre Ken Flegg lavorava spesso nella sua "cameretta" a Wembley: per cui si può dire che la costruzione del primo prototipo Marshall avvenne ovunque tranne che nel negozio di Jim!
L'idea di base da cui partire era quella del Fender Bassman. Ma se da un lato Terry e i suoi amici preferivano il Piggyback Bassman, costituito da una testata che montava una cassa 2x12, Ken Bran e Jim erano più orientati verso il combo tweed 1959 Bassman dotato di 4 speaker da 10". Il compromesso fu trovato da Ken che inserì il circuito del Fender 1959 (il 5F6A) in una testata.
L'idea di base da cui partire era quella del Fender Bassman. Ma se da un lato Terry e i suoi amici preferivano il Piggyback Bassman, costituito da una testata che montava una cassa 2x12, Ken Bran e Jim erano più orientati verso il combo tweed 1959 Bassman dotato di 4 speaker da 10". Il compromesso fu trovato da Ken che inserì il circuito del Fender 1959 (il 5F6A) in una testata.
Il gruppo di Jim Marshall produceva un prototipo a settimana che veniva testato grazie alla collaborazione di Pete Townshend, Ritchie Blackmore, John Entwistle e Jim Sullivan, un noto turnista di Londra di quel periodo. Fu il sesto prototipo a convincere immediatamente Jim. Questa prima unità, che fu inizialmente chiamata “Number 1 amp”, aveva lo stesso circuito del Fender 5F6A Bassman (con un bright cap), ma anche alcune piccole ma sostanziali differenze, dovute sia ad una diversa reperibilità dei componenti nel mercato britannico rispetto a quello americano, ma anche a scelte tecniche. L’idea, infatti, non era semplicemente quella di copiare un Fender, ma di migliorarlo: il loro motto era “come un Fender, ma molto di più”. E il risultato del loro primo amplificatore fu proprio questo, il “suono Marshall” che Jim aveva in mente: più grintoso e aspro del Bassman, ma anche più ricco e dolce, una pasta sonora del tutto nuova, più potente persino del “cugino” britannico Vox AC30. Un suono brillante e tagliente nel primo canale, più scuro, pieno e morbido nel secondo.
Il prototipo Number 1 Amp mostrava, sul pannello frontale, una disposizione delle manopole differente rispetto alle produzioni successive e simile a quella del Bassman (in ordine: presenza, medi,bassi, alti) e, come i primissimi modelli ufficiali, non aveva ancora la scritta "JTM45" o "MK II". Quindi, come i primissimi JTM45 costruiti, può essere definito "MK I", a differenza di quelli che, poco più tardi, avrebbero avuto la scritta "MK II" sul pannello frontale. Per capire quanto pochi sono stati gli MK I basta considerare che i numeri di serie dei Marshall iniziarono a partire dal numero 1001 e che già sull'amplificatore con il numero seriale 1037 era stampato "MK II".
Il prototipo, esposto in vetrina, fu venduto inizialmente ad un ragazzo che entrò nel negozio con suo padre. Voleva assolutamente uno di questi amplificatori, ma, dato il lungo tempo di attesa dovuto ai numerosi ordini, strappò a Jim il permesso di acquistare il Number 1 amp. Molte settimane più tardi però, dopo che la produzione andò a regime, essendo molto attratto dall'estetica del JTM45, tornò e lo cambiò con uno nuovo. Una volta tornato in possesso del prototipo, Jim lo chiuse in una scatola e lo mise in un sottoscala. Alcuni musicisti famosi, tra cui Gary Moore, in seguito gli chiesero se potevano comprarlo, ma Jim rifiutò sempre. Attualmente il sesto prototipo si trova nel Marshall Museum a Bletchley.
Già nella prima settimana Jim ricevette ventitré ordini del nuovo amplificatore e il successo del JTM45 fu tale che in breve tempo la produzione delle casse venne spostata prima in un secondo negozio al 93 di Uxbridge Road e successivamente in un piccolo capannone a Southall, Middlesex, prima dell'apertura, nel giugno del 1964, della prima vera e propria fabbrica Marshall in Silverdale Road, nel quartiere Hayes, in cui lavoravano almeno quindici dipendenti che producevano circa venti amplificatori a settimana.
Il prototipo Number 1 Amp mostrava, sul pannello frontale, una disposizione delle manopole differente rispetto alle produzioni successive e simile a quella del Bassman (in ordine: presenza, medi,bassi, alti) e, come i primissimi modelli ufficiali, non aveva ancora la scritta "JTM45" o "MK II". Quindi, come i primissimi JTM45 costruiti, può essere definito "MK I", a differenza di quelli che, poco più tardi, avrebbero avuto la scritta "MK II" sul pannello frontale. Per capire quanto pochi sono stati gli MK I basta considerare che i numeri di serie dei Marshall iniziarono a partire dal numero 1001 e che già sull'amplificatore con il numero seriale 1037 era stampato "MK II".
Il prototipo, esposto in vetrina, fu venduto inizialmente ad un ragazzo che entrò nel negozio con suo padre. Voleva assolutamente uno di questi amplificatori, ma, dato il lungo tempo di attesa dovuto ai numerosi ordini, strappò a Jim il permesso di acquistare il Number 1 amp. Molte settimane più tardi però, dopo che la produzione andò a regime, essendo molto attratto dall'estetica del JTM45, tornò e lo cambiò con uno nuovo. Una volta tornato in possesso del prototipo, Jim lo chiuse in una scatola e lo mise in un sottoscala. Alcuni musicisti famosi, tra cui Gary Moore, in seguito gli chiesero se potevano comprarlo, ma Jim rifiutò sempre. Attualmente il sesto prototipo si trova nel Marshall Museum a Bletchley.
Già nella prima settimana Jim ricevette ventitré ordini del nuovo amplificatore e il successo del JTM45 fu tale che in breve tempo la produzione delle casse venne spostata prima in un secondo negozio al 93 di Uxbridge Road e successivamente in un piccolo capannone a Southall, Middlesex, prima dell'apertura, nel giugno del 1964, della prima vera e propria fabbrica Marshall in Silverdale Road, nel quartiere Hayes, in cui lavoravano almeno quindici dipendenti che producevano circa venti amplificatori a settimana.
Nella metà degli anni '60 tutti i musicisti e le band britanniche più importanti suonavano ormai con un Marshall, con la clamorosa eccezione dei Beatles e dei Rolling Stones. E, qualche anno più tardi, anche il chitarrista più famoso di sempre, Jimi Hendrix, scelse un Marshall.
Hendrix conobbe Jim tramite il suo batterista, Mitch Mitchell, che ogni tanto lavorava nel negozio di Marshall il sabato sera. Jim ricorda che Mitch gli parlò di questo nuovo chitarrista americano, arrivato a Londra da poco, che si chiamava James Marshall Hendrix e che lo voleva assolutamente conoscere perché avevano quasi lo stesso nome e perché tutti i suoi idoli, in particolare Clapton, suonavano con un Marshall. Jim fu molto colpito dall'umiltà di Jimi Hendrix quando, a differenza della maggior parte dei chitarristi londinesi che avevano la presunzione di essere "i migliori chitarristi al mondo" e che volevano quindi qualcosa in cambio per suonare con i suoi amplificatori, Hendrix volle pagare per intero la sua strumentazione.
Hendrix conobbe Jim tramite il suo batterista, Mitch Mitchell, che ogni tanto lavorava nel negozio di Marshall il sabato sera. Jim ricorda che Mitch gli parlò di questo nuovo chitarrista americano, arrivato a Londra da poco, che si chiamava James Marshall Hendrix e che lo voleva assolutamente conoscere perché avevano quasi lo stesso nome e perché tutti i suoi idoli, in particolare Clapton, suonavano con un Marshall. Jim fu molto colpito dall'umiltà di Jimi Hendrix quando, a differenza della maggior parte dei chitarristi londinesi che avevano la presunzione di essere "i migliori chitarristi al mondo" e che volevano quindi qualcosa in cambio per suonare con i suoi amplificatori, Hendrix volle pagare per intero la sua strumentazione.
Vale la pena prendere in considerazione anche la versione leggermente diversa riferita da Ken Underwood, scrivendo sul Vintage Amps Forum. La storia, dice Underwood, era che prima di qualsiasi coinvolgimento di Jim Marshall, Dudley Craven collaborava già con Richard “Dick” Findlay alla costruzione di un suo amplificatore. In seguito Ken Bran prese parte al progetto per approfondirne con Craven gli aspetti tecnici; infine, nel '63, Ken Underwood, all’epoca anch’egli apprendista presso la EMI, si unì al gruppo collaborando al montaggio dei principali componenti meccanici allo chassis.
Secondo Underwood il primissimo amplificatore fu testato un sabato sera del ’63 all'Ealing Club da un gruppo che includeva anche Mitch Mitchell, futuro batterista degli Experience di Jimi Hendrix, Dave Golding al sax, Kenny Rankin al basso e Jimmy Royal alla chitarra e alla voce. La scaletta della serata della band includeva anche una cover di un brano di recente uscita dei Beatles, “I saw her standing there”, che non fu pubblicato nel ’62, ma il 22 marzo 1963. Sulla base dei feedback della band il gruppo di amici apportò alcune modifiche al modello testato all’Ealing Club per arrivare alla creazione del primo vero amplificatore che, quindi, non poteva essere stato già venduto, come sosteneva Jim Marshall, nel ’62 a Pete Townshend.
Infatti, è solo in questo momento, secondo Underwood, che entrò in gioco Jim Marshall, vecchio amico di Ken Bran. Craven, Bran e Underwood si appoggiarono al negozio di Marshall per vendere i primi amplificatori. Jim fiutò l’affare e nel 1964 propose loro di finanziarli e di unirsi a lui, dando così il proprio nome al nuovo amplificatore.
Mentre Craven fu felice di lasciare la EMI per lavorare nel campo degli amplificatori, Underwood, ancora minorenne, chiese consiglio alla madre che preferì per lui un lavoro più stabile e sicuro, suggerendogli di proseguire il suo apprendistato alla EMI, senza sapere quale sarebbe stato il futuro della Marshall. Anche Findlay preferì non essere coinvolto ufficialmente ma rimanere solo un consulente esterno.
Ken e Dudley andarono a lavorare nel retro del negozio di Jim alla produzione all’inizio del 1964. Ma già pochi mesi più tardi la richiesta era talmente elevata che dovettero aprire la fabbrica di Silverdale Road.
Questa storia è stata al centro di accesi dibattiti tra i sostenitori di Jim e quelli di Underwood. Lo stesso Marshall intimò ad Underwood con numerose e-mail di “andare a ficcare il proprio naso da un’altra parte”.
Secondo Underwood il primissimo amplificatore fu testato un sabato sera del ’63 all'Ealing Club da un gruppo che includeva anche Mitch Mitchell, futuro batterista degli Experience di Jimi Hendrix, Dave Golding al sax, Kenny Rankin al basso e Jimmy Royal alla chitarra e alla voce. La scaletta della serata della band includeva anche una cover di un brano di recente uscita dei Beatles, “I saw her standing there”, che non fu pubblicato nel ’62, ma il 22 marzo 1963. Sulla base dei feedback della band il gruppo di amici apportò alcune modifiche al modello testato all’Ealing Club per arrivare alla creazione del primo vero amplificatore che, quindi, non poteva essere stato già venduto, come sosteneva Jim Marshall, nel ’62 a Pete Townshend.
Infatti, è solo in questo momento, secondo Underwood, che entrò in gioco Jim Marshall, vecchio amico di Ken Bran. Craven, Bran e Underwood si appoggiarono al negozio di Marshall per vendere i primi amplificatori. Jim fiutò l’affare e nel 1964 propose loro di finanziarli e di unirsi a lui, dando così il proprio nome al nuovo amplificatore.
Mentre Craven fu felice di lasciare la EMI per lavorare nel campo degli amplificatori, Underwood, ancora minorenne, chiese consiglio alla madre che preferì per lui un lavoro più stabile e sicuro, suggerendogli di proseguire il suo apprendistato alla EMI, senza sapere quale sarebbe stato il futuro della Marshall. Anche Findlay preferì non essere coinvolto ufficialmente ma rimanere solo un consulente esterno.
Ken e Dudley andarono a lavorare nel retro del negozio di Jim alla produzione all’inizio del 1964. Ma già pochi mesi più tardi la richiesta era talmente elevata che dovettero aprire la fabbrica di Silverdale Road.
Questa storia è stata al centro di accesi dibattiti tra i sostenitori di Jim e quelli di Underwood. Lo stesso Marshall intimò ad Underwood con numerose e-mail di “andare a ficcare il proprio naso da un’altra parte”.
Il termine “JTM45” con cui sarebbe stato presto identificato il nuovo amplificatore, derivava dal nome di Jim e Terry Marshall. In realtà non è chiaro il significato di “45”, poiché il wattaggio era stimato, al contrario di molte credenze, tra i 30 e i 35 watt.
Se il circuito di preamp era essenzialmente lo stesso del Bassman, il 5F6A, le differenze tra il “progenitore” Bassman e il nuovo JTM45 erano numerose e ne modificavano profondamente il suono. Il JTM45 montava le valvole preamplificatrici 12AX7 (ECC83) che si saturavano più facilmente del doppio triodo 12AY7 all'ingresso del Fender. Diversamente da quello che spesso si pensa, le valvole finali, almeno nei primi modelli, rimasero le stesse 6L6 (5881) del Fender, per essere sostituite in seguito dalle 6L6GT e solo nel ‘65 dalle locali GEC KT66 che ne accentuarono ancora di più il carattere “british” e ne aumentarono la potenza a circa 40-45 watt. Il JTM45 era dotato, fino al 1966, anche di una valvola rettificatrice GZ34 (5AR4), che donava una compressione ed un sustain ad alti volumi che ne caratterizzavano il suono. Al posto degli americani Triad, Craven utilizzò come trasformatori di uscita i britannici Radiospares (anche se alcuni prototipi montavano anche gli Elstone). Non vanno dimenticati anche i diversi bright cap che nelle varie versioni del JTM45 contribuirono fortemente a differenziarne il suono. Inoltre lo chassis del nuovo Marshall era spesso e in alluminio, mentre gli amplificatori statunitensi ne montavano uno in acciaio. L’alluminio aveva il vantaggio di influenzare in misura minore il campo magnetico dei trasformatori. L'impedenza fu aumenta dai 2Ω del Bassman ai 16Ω del JTM45, con conseguente aumento del voltaggio di feedback di circa tre volte. Infine, un’altra differenza importante da non sottovalutare erano le casse: il Bassman combo era dotato di un open cabinet munito di quattro altoparlanti Jensen da 10”. Jim Marshall invece, dopo aver testato i prototipi anche con casse aperte e con le 2x12 (le quali non erano in grado di reggere la potenza del JTM45), preferì una cassa chiusa dotata di quattro speakers alnico Celestion G12 da 12”. Non va però dimenticato che tra il '65 e il '66 fecero la comparsa le prime casse munite dei famosi Celestion Greenbacks, ceramici, ampiamente utilizzati nei Marshall, e che contribuirono fortemente alla definizione del "british sound".
I primissimi JTM45 avevano anche un polarity switch, oltre a quello on/off e quello di stand-by, che aveva la funzione di diminuire i fastidiosi fruscii.
Se il circuito di preamp era essenzialmente lo stesso del Bassman, il 5F6A, le differenze tra il “progenitore” Bassman e il nuovo JTM45 erano numerose e ne modificavano profondamente il suono. Il JTM45 montava le valvole preamplificatrici 12AX7 (ECC83) che si saturavano più facilmente del doppio triodo 12AY7 all'ingresso del Fender. Diversamente da quello che spesso si pensa, le valvole finali, almeno nei primi modelli, rimasero le stesse 6L6 (5881) del Fender, per essere sostituite in seguito dalle 6L6GT e solo nel ‘65 dalle locali GEC KT66 che ne accentuarono ancora di più il carattere “british” e ne aumentarono la potenza a circa 40-45 watt. Il JTM45 era dotato, fino al 1966, anche di una valvola rettificatrice GZ34 (5AR4), che donava una compressione ed un sustain ad alti volumi che ne caratterizzavano il suono. Al posto degli americani Triad, Craven utilizzò come trasformatori di uscita i britannici Radiospares (anche se alcuni prototipi montavano anche gli Elstone). Non vanno dimenticati anche i diversi bright cap che nelle varie versioni del JTM45 contribuirono fortemente a differenziarne il suono. Inoltre lo chassis del nuovo Marshall era spesso e in alluminio, mentre gli amplificatori statunitensi ne montavano uno in acciaio. L’alluminio aveva il vantaggio di influenzare in misura minore il campo magnetico dei trasformatori. L'impedenza fu aumenta dai 2Ω del Bassman ai 16Ω del JTM45, con conseguente aumento del voltaggio di feedback di circa tre volte. Infine, un’altra differenza importante da non sottovalutare erano le casse: il Bassman combo era dotato di un open cabinet munito di quattro altoparlanti Jensen da 10”. Jim Marshall invece, dopo aver testato i prototipi anche con casse aperte e con le 2x12 (le quali non erano in grado di reggere la potenza del JTM45), preferì una cassa chiusa dotata di quattro speakers alnico Celestion G12 da 12”. Non va però dimenticato che tra il '65 e il '66 fecero la comparsa le prime casse munite dei famosi Celestion Greenbacks, ceramici, ampiamente utilizzati nei Marshall, e che contribuirono fortemente alla definizione del "british sound".
I primissimi JTM45 avevano anche un polarity switch, oltre a quello on/off e quello di stand-by, che aveva la funzione di diminuire i fastidiosi fruscii.
Il nuovo amplificatore era disponibile sia nella versione lead, sia in quella bass (priva di bright cap e più adatta al basso), e, poco più tardi, anche nella versione P.A., tutte con lievissime differenze sonore. La versione P.A. doveva essere necessariamente dotata, sul pannello posteriore, di due uscite in parallelo per gli speaker al posto del singolo output (tipico degli amplificatori di quel periodo), caratteristica spesso adottata in seguito anche nelle produzioni successive.
Con l’introduzione delle grosse valvole KT66, che rimpiazzarono le 6L6, la testate JTM45 lead furono identificate col nome di modello 1987, le bass in 1986, e le P.A. in 1985.
Tutte queste sigle non si riferivano all’anno di produzione, bensì erano dovute al prefisso “19” che Rose-Morris, finanziatore e distributore di Jim fino al 1990, attribuiva a tutta la linea di prodotti Marshall.
Nel '65 furono introdotte anche la versione organ (1989), designata per gli organi elettrici, che la Marshall consigliava di associare ad una cassa 4x12 per chitarra, e la versione tremolo (T1987), basata sulla versione lead, che aveva due manopole aggiuntive (velocità ed intensità) ed un pedale per attivare l'effetto. La versione tremolo aveva uno chassis più grande per ospitare un transistor ed una ECC83 aggiuntiva, e mostrava sul pannello frontale la scritta MK IV.
Con l’introduzione delle grosse valvole KT66, che rimpiazzarono le 6L6, la testate JTM45 lead furono identificate col nome di modello 1987, le bass in 1986, e le P.A. in 1985.
Tutte queste sigle non si riferivano all’anno di produzione, bensì erano dovute al prefisso “19” che Rose-Morris, finanziatore e distributore di Jim fino al 1990, attribuiva a tutta la linea di prodotti Marshall.
Nel '65 furono introdotte anche la versione organ (1989), designata per gli organi elettrici, che la Marshall consigliava di associare ad una cassa 4x12 per chitarra, e la versione tremolo (T1987), basata sulla versione lead, che aveva due manopole aggiuntive (velocità ed intensità) ed un pedale per attivare l'effetto. La versione tremolo aveva uno chassis più grande per ospitare un transistor ed una ECC83 aggiuntiva, e mostrava sul pannello frontale la scritta MK IV.
L’estetica dei primi amplificatori Marshall cambiò notevolmente nei primi tre anni. La particolarità dei primissimi modelli (detti per questo “Offset amps”) era che, per bilanciarli e renderli più facilmente trasportabili, montavano lo chassis nella parte laterale del telaio dell’amplificatore, senza però apportare grossi vantaggi e risultando visivamente un po’ asimmetrici. Questi offset amps e i primi che ne seguirono furono tutti caratterizzati da una placchetta metallica sulla quale era stampata con uno smalto rosso la sigla “Marshall”, acquistata da Butler, un venditore di articoli funebri di Birmingham. Proprio per questo motivo, furono soprannominati "Coffin Badges”.
Il telaio era rivestito di una similpelle nera e presentava una livrea frontale completamente costituita da un grille cloth blonde (chiamato “Vynair”) per abbinarsi meglio alle casse.
Il telaio era rivestito di una similpelle nera e presentava una livrea frontale completamente costituita da un grille cloth blonde (chiamato “Vynair”) per abbinarsi meglio alle casse.
In seguito, con lo spostamento della produzione in un locale più spazioso al 97 di Uxbridge Road, sia la placchetta in metallo recante il logo, sia il pannello di controllo, vennero collocati al centro della parte frontale dell’amplificatore, che ben presto divenne bicolore, blonde nella parte inferiore e nera, grazie ad un materiale detto “Renexe”: i cosiddetti “Sandwich Amp".
Ancora non compariva la scritta JTM45, ma già erano stati ordinati i primi pannelli di controllo recanti le sigle "MK II” e “JTM45”. Con l'introduzione di queste sigle e con l'eliminazione del polarity switch, lo spazio tra i quattro ingressi aumentò, se confrontato a quello dei primi modelli.
Verso la fine del ’63 anche la livrea bicolore fu abbandonata in favore del classico frontale all-black Marshall.
Anche il logo subì importanti variazioni: prima, in un rettangolo in plexiglas argentato con scritta rossa, poi scritta nera su rettangolo dorato. Questi “block logo” furono abbandonati nel ’65 con la comparsa del familiare “script logo” Marshall ancora oggi in uso. Contemporaneamente il led rosso e quadrato prese posto di quello ambrato circolare.
Il pannello di controllo fino al ’64 era in traffolyte o in alluminio, serigrafato o inciso, e successivamente venne prodotto in plexiglas, prima bianco, poi nel più noto plexiglas dorato, il famoso “plexi panel”. Quindi, fino al ’64 gli amplificatori Marshall vivono l’era pre-plexi, in cui il pannello di controllo era in traffolyte o in alluminio. Nel ’65 inizia la cosiddetta era plexi, che durerà fino a metà del ’69 quando inizierà l’era metal paneled.
Verso la fine del ’63 anche la livrea bicolore fu abbandonata in favore del classico frontale all-black Marshall.
Anche il logo subì importanti variazioni: prima, in un rettangolo in plexiglas argentato con scritta rossa, poi scritta nera su rettangolo dorato. Questi “block logo” furono abbandonati nel ’65 con la comparsa del familiare “script logo” Marshall ancora oggi in uso. Contemporaneamente il led rosso e quadrato prese posto di quello ambrato circolare.
Il pannello di controllo fino al ’64 era in traffolyte o in alluminio, serigrafato o inciso, e successivamente venne prodotto in plexiglas, prima bianco, poi nel più noto plexiglas dorato, il famoso “plexi panel”. Quindi, fino al ’64 gli amplificatori Marshall vivono l’era pre-plexi, in cui il pannello di controllo era in traffolyte o in alluminio. Nel ’65 inizia la cosiddetta era plexi, che durerà fino a metà del ’69 quando inizierà l’era metal paneled.
Anche i pomelli del pannello frontale variarono molto: il primo tipo era il Radiogram-style, nero, con un piccola circonferenza ramata nella parte superiore. Poi si passò al V-top black, angolato e nero. Il Silverface black pointer si trova spesso nei JTM45 con il block logo, prima di arrivare al Classic Marshall knob a partire dagli amplificatori con lo script logo.
Antonio Calvosa