Nel maggio 1983 la Fender presentò una nuova Stratocaster, la cui elettronica era pubblicizzata come la più complessa mai utilizzata su queste chitarre, l’Elite Stratocaster.
Nata sotto la supervisione di Dan Smith, John Page e Freddie Tavares, l'Elite era stata concepita per essere una “Stratocaster moderna”, seguendo la moda dei chitarristi che negli anni '80 cercavano strumenti silenziosi e data la popolarità dei pickup attivi EMG.
Quindi lo scopo dell'Elite era quello di offrire una gamma più ampia possibile di suoni e la silenziosità degli humbucker, pur mantenendo la brillantezza dei single coil, come promesso dagli slogan “From the classic Fender sound to a fat humbucking sound,” “Best of both worlds,” and “Your favorite Fender - and non-Fender - sounds”. Questo era possibile grazie ad una elettronica complessa che includeva pickup in Alnico II selezionabili tramite tre pulsanti, il circuito attivo di boost MDX (a batteria) e il controllo di tono TBX. |
L'MDX, agendo sulle frequenze medie, consentiva di ottenere sonorità che spaziavano dal classico suono Fender a quello che “avrebbe dovuto” imitare gli humbucker. John Carruthers e James Demeter furono i primi ad ideare un circuito che utilizzava una bobina “fantoccio” per annullare il ronzio sui pickup single-coil mantenendone le caratteristiche sonore associato ad un sistema di midrange boost regolabile con dei controlli di tono. Entrambi speravano di concedere in licenza il loro circuito alla Fender, ma l’azienda californiana usò i loro ingegneri Roger Cox, Paul Guegan e Bob Eggler per realizzare una loro versione che chiamarono MDX.
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Il TBX era un particolare controllo che, secondo il catalogo del periodo “adjusts the damping of the pickup’s internal resonance for tones you’ve never heard before”. Era sistema costituito da due potenziometri impilati che, diversamente dal classico potenziometro che tagliava solo gli alti, permetteva di tagliare sia gli alti e che i bassi ruotando la manopola di tono. Molti credevano che fosse un sistema attivo, ma invece era passivo, perché tagliava le frequenze e non le amplificava.
Ruotando la manopola in senso antiorario dalla posizione 5, considerata ‘flat’, il TBX si comportava proprio come un normale controllo di tono perché ha tagliava le frequenze alte; ruotandola invece in senso orario, il TBX tagliava le frequenze basse, esaltando gli alti.
La Fender avrebbe in seguito usato il TBX anche sulla signature di Eric Clapton, sulla prima serie American Standard e per la serie Plus.
Ruotando la manopola in senso antiorario dalla posizione 5, considerata ‘flat’, il TBX si comportava proprio come un normale controllo di tono perché ha tagliava le frequenze alte; ruotandola invece in senso orario, il TBX tagliava le frequenze basse, esaltando gli alti.
La Fender avrebbe in seguito usato il TBX anche sulla signature di Eric Clapton, sulla prima serie American Standard e per la serie Plus.
Tra le altre caratteristiche della Elite Stratocaster vanno menzionate una tastiera piatta con tasti grandi, il nuovo tendi corde Ezy Glider, l’attacco del jack laterale, strap-locks, il famigerato Freeflyte Tremolo progettato da Chip Todd (sebbene più massiccio di quello usato sulla Standard Stratocaster) e, soprattutto, il nuovo BiFlex Truss Rod, ideato da Charlie Gressett e leggermente modificato da John Page, la cui curvatura poteva essere regolata in entrambe le direzioni concava o convessa tramite una vite a brugola posta nell'incavo della paletta all'altezza del capotasto. Va notato che il truss rod BiFlex presentava la skunk stripe qualunque fosse la scelta della tastiera - palissandro o acero - che indicava che il BiFlex truss rod era sempre montato dalla parte posteriore del manico.
Al momento della presentazione della Elite, la strategia commerciale della nuova Fender era chiara: la Fender considerava l'Elite Stratocaster un modello premium, al contrario della normale Stratocaster Standard “2-knob”. In effetti, la Standard Stratocaster della metà del 1981 chiamata dai chitarristi “Smith Strat” venne sostituita non da una chitarra, ma da due: dalla nuova Stratocaster Standard “2-knob” che costava 245 dollari in meno, e dalla Elite che costava 100 dollari in più della Smith Strat!
Gold Elite, Walnut Elite e il Made in Japan
L’Elite era disponibile anche nelle due varianti Gold Elite Stratocaster, che, a differenza della versione base, aveva l'hardware placcato in oro e i pomelli delle meccaniche perlati, e Walnut Elite Stratocaster, che, oltre ad aver l'hardware dorato, aveva il manico e il corpo in noce e la tastiera in ebano.
Va ricordato inoltre che, alla fine del 1983, anche la Fender Japan produsse un piccolo numero di Elite Stratocaster, chiamate EST83-110, munite di ventidue tasti, per il mercato interno giapponese.
Va ricordato inoltre che, alla fine del 1983, anche la Fender Japan produsse un piccolo numero di Elite Stratocaster, chiamate EST83-110, munite di ventidue tasti, per il mercato interno giapponese.
Antonio Calvosa