Le Lacche
Fino al 1967 le vernici utilizzate sulle Stratocaster erano lacche alla nitrocellulosa o acriliche, entrambe molto sottili, già ampiamente usate nel mercato automobilistico e quindi facilmente reperibili.
Queste vernici erano costituite principalmente da tre componenti: il pigmento, il legante (o binder) e il solvente. Il pigmento, responsabile del colore, poteva essere organico o inorganico ed era disperso nel legante, che lo proteggeva e, con l'evaporazione del solvente, formava con il pigmento un sottile film che aderiva alla superficie. Il legante utilizzato poteva essere a base di nitrocellulosa o acrilico. Entrambi usavano un solvente in grado di evaporare molto velocemente, l'acetone, da cui il nome "lacche" di queste vernici.
Le lacche alla nitro e quelle acriliche erano molto utilizzate nell'industria automobilistica proprio per la velocità con cui si asciugavano, per il loro aspetto e perché era semplice lucidarle ed eliminare le piccole imperfezioni: la linea Duco per le lacche alla nitro, quella Lucite per quelle acriliche.
Le vernici alla nitro però avevano un problema: quando la vernice si asciugava, perdevano la loro elasticità e tendevano a creparsi, fenomeno conosciuto come "checking"; inoltre alcuni colori tendevano a sbiadire se sottoposti ai raggi UV, caratteristica detta "fading", mentre lo strato trasparente superiore tendeva sempre ad ingiallire, anche con una minima esposizione agli UV, e in questo caso si parla di "yellowing". Invece le vernici acriliche erano molto più resistenti ai raggi ultravioletti ed erano più elastiche.
Queste vernici erano costituite principalmente da tre componenti: il pigmento, il legante (o binder) e il solvente. Il pigmento, responsabile del colore, poteva essere organico o inorganico ed era disperso nel legante, che lo proteggeva e, con l'evaporazione del solvente, formava con il pigmento un sottile film che aderiva alla superficie. Il legante utilizzato poteva essere a base di nitrocellulosa o acrilico. Entrambi usavano un solvente in grado di evaporare molto velocemente, l'acetone, da cui il nome "lacche" di queste vernici.
Le lacche alla nitro e quelle acriliche erano molto utilizzate nell'industria automobilistica proprio per la velocità con cui si asciugavano, per il loro aspetto e perché era semplice lucidarle ed eliminare le piccole imperfezioni: la linea Duco per le lacche alla nitro, quella Lucite per quelle acriliche.
Le vernici alla nitro però avevano un problema: quando la vernice si asciugava, perdevano la loro elasticità e tendevano a creparsi, fenomeno conosciuto come "checking"; inoltre alcuni colori tendevano a sbiadire se sottoposti ai raggi UV, caratteristica detta "fading", mentre lo strato trasparente superiore tendeva sempre ad ingiallire, anche con una minima esposizione agli UV, e in questo caso si parla di "yellowing". Invece le vernici acriliche erano molto più resistenti ai raggi ultravioletti ed erano più elastiche.
Come erano applicate le vernici
Oltre allo strato del colore la Fender di solito applicava sulle Stratocaster sia un fondo, sotto il colore, sia un trasparente, sopra il colore.
Il trasparente, o clear coat, era sempre una lacca alla nitro, e mai acrilica, impiegata soprattutto sui custom color metallici che, a differenza di quelli pastello, si ossidavano facilmente. Aveva la tendenza ad ingiallire con il tempo (caratteristica che veniva accentuata con l'esposizione ai raggi UV del sole o delle lampade fluorescenti, con lo smog, con il fumo e con il sudore) modificando anche in modo sensibile il colore originale della chitarra. Un classico esempio sono le Olympic White ingiallite e spesso confuse con le Blonde - finitura che però è facilmente distinguibile dall'Olympic White invecchiata perché trasparente e utilizzata sui corpi in frassino per far apprezzare le venature di questo legno.
Tuttavia poteva anche accadere che, nel caso fosse stato necessario velocizzare i tempi per soddisfare tutti gli ordini, il trasparente poteva anche non essere utilizzato, abitudine che diventò più frequente quando dal '62-'63 le richieste iniziarono ad aumentare notevolmente. Le chitarre prive di clear coat possono essere distinte per assenza di ingiallimento, come dimostrano le Olympic White arrivate bianche ai giorni nostri.
Tuttavia poteva anche accadere che, nel caso fosse stato necessario velocizzare i tempi per soddisfare tutti gli ordini, il trasparente poteva anche non essere utilizzato, abitudine che diventò più frequente quando dal '62-'63 le richieste iniziarono ad aumentare notevolmente. Le chitarre prive di clear coat possono essere distinte per assenza di ingiallimento, come dimostrano le Olympic White arrivate bianche ai giorni nostri.
Il fondo, o undercoat, era utilizzato per rendere più veloce ed efficiente la verniciatura della chitarra. Dalla fine degli anni '50 la Fender usò spesso un turapori trasparente, o sealer, per riempire i pori ed evitare che le prime mani di vernice fossero assorbite dal legno, risparmiando quindi tempo e colore. Un processo particolarmente utile con il frassino, che è un legno molto poroso. Inizialmente, sulle Stratocaster del '54 (come sulle Telecaster Blackguard) veniva impiegata una miscela che conteneva nitro e sabbia: le chitarre così trattate mostravano un aspetto tridimensionale quando erano osservate alla luce. Più tardi la Fender utilizzò altri isolanti, come l'Homoclad o, dal 1962, il Fullerplast, che "incapsulavano" i body proprio come facevano le vernici al poliestere usate nel periodo CBS. Il Fullerplast, chiamato così dal nome del suo inventore, Fuller O'Brien, era trasparente, si asciugava molto rapidamente, poteva essere applicato in modo molto sottile ed era assorbito dall'ontano in profondità, nonostante questo legno non fosse famoso per la sua porosità. Era spruzzato sul body subito dopo la vernice gialla e non interagiva con i solventi delle vernici. Questo impediva ai colori applicati in seguito di essere assorbiti dal legno e permetteva di avere uno strato di vernice più sottile, risparmiando tempo e materiale.
Negli anni '60, in modo discontinuo, la Fender usò come fondo sotto i custom colors anche un primer bianco che serviva a fare aderire meglio il colore, che poteva quindi essere applicato in minore quantità permettendo di risparmiare denaro; al tempo stesso faceva però perdere tempo perché si aveva un componente in più da applicare e fare asciugare. Quindi, anche in questo caso, se c'era necessità di velocizzare i tempi di verniciatura per un aumento degli ordini, la Fender evitava di usare il primer.
A volte, nascosto da un custom color, poteva anche esserci un sunburst, da solo o sotto primer bianco. Infatti, se un body sunburst veniva verniciato male, piuttosto che sverniciarlo e verniciarlo nuovamente, era preferibile, in termini di tempo e costi, applicare il custom color direttamente sopra la vecchia vernice. Altre volte era il cliente che richiedeva espressamente, al momento dell'acquisto e con un sovrapprezzo del 5%, che lo strumento fosse riverniciato con un custom Color. Quest'opzione poteva essere richiesta sia negli Stati Uniti, sia in Europa presso i distributori ufficiali che ricevevano le vernici originali direttamente dalla fabbrica Fender. Queste operazioni sono riconoscibili grazie a grandi numeri identificativi impressi sul body o sul manico (negli USA) o per piccoli timbri sotto il neck plate o sul body nella tasca del manico (in Europa) che permettevano il riconoscimento e il giusto ritorno al proprietario dello strumento.
Negli anni '60, in modo discontinuo, la Fender usò come fondo sotto i custom colors anche un primer bianco che serviva a fare aderire meglio il colore, che poteva quindi essere applicato in minore quantità permettendo di risparmiare denaro; al tempo stesso faceva però perdere tempo perché si aveva un componente in più da applicare e fare asciugare. Quindi, anche in questo caso, se c'era necessità di velocizzare i tempi di verniciatura per un aumento degli ordini, la Fender evitava di usare il primer.
A volte, nascosto da un custom color, poteva anche esserci un sunburst, da solo o sotto primer bianco. Infatti, se un body sunburst veniva verniciato male, piuttosto che sverniciarlo e verniciarlo nuovamente, era preferibile, in termini di tempo e costi, applicare il custom color direttamente sopra la vecchia vernice. Altre volte era il cliente che richiedeva espressamente, al momento dell'acquisto e con un sovrapprezzo del 5%, che lo strumento fosse riverniciato con un custom Color. Quest'opzione poteva essere richiesta sia negli Stati Uniti, sia in Europa presso i distributori ufficiali che ricevevano le vernici originali direttamente dalla fabbrica Fender. Queste operazioni sono riconoscibili grazie a grandi numeri identificativi impressi sul body o sul manico (negli USA) o per piccoli timbri sotto il neck plate o sul body nella tasca del manico (in Europa) che permettevano il riconoscimento e il giusto ritorno al proprietario dello strumento.
È interessante notare come sulle prime sunburst a tre toni del '58 il rosso fosse spruzzato anche sulla parte del corpo ricoperta dal battipenna, pratica abbandonata quasi subito nel corso dello stesso anno, sia per risparmiare la vernice, sia per velocizzare il processo di finitura, poiché non sarebbe stato comunque visibile. Il nero invece era spruzzato partendo a volte direttamente dal bordo, altre invece iniziando dalla parte del corpo sottostante al battipenna, per raggiungere il bordo solo in un secondo momento. Non sono rari i casi in cui il colore era spruzzato sotto il battipenna prima di usarlo sul body, probabilmente per provare la pistola o per pulire l'augello.
Nel corso del 1969, la Fender cambiò anche il modo in cui era applicato il nero nella parte posteriore del corpo vicino al neck plate. Infatti, fino a questo momento il nero seguiva il perimetro del corpo della Stratocaster, mentre ora si trovava anche nella regione sotto il neck plate.
Nel corso del 1969, la Fender cambiò anche il modo in cui era applicato il nero nella parte posteriore del corpo vicino al neck plate. Infatti, fino a questo momento il nero seguiva il perimetro del corpo della Stratocaster, mentre ora si trovava anche nella regione sotto il neck plate.
Sui corpi delle Stratocaster pre-CBS fino alla fine del 1964, sono sempre presenti i nail holes o clamping holes (vedi il capitolo sul corpo della Stratocaster), piccoli fori derivanti dal processo di verniciatura. Prima che fosse applicata qualsiasi vernice, sul top della chitarra, sotto il battipenna e sotto la placca del jack, erano inseriti tre o quattro piccoli chiodi. Il corpo era quindi posato su un pannello girevole e verniciato sul top; dopo averlo capovolto e appoggiato tramite questi chiodi, si spruzzava il colore anche sulla parte posteriore e sui lati. In seguito veniva lasciato sospeso e si aspettava che la tinta si asciugasse. Infine i chiodi erano rimossi, lasciando quindi piccoli buchi privi di vernice, i nail holes.
Tuttavia, dato che i corpi erano lucidati dopo la rimozione dei chiodi, a volte è possibile trovare una materiale bianco o rosa usato per la lucidatura. |
Dalla fine del 1964 la Fender cambiò il processo di verniciatura e i chiodi non furono più utilizzati. Pertanto, i clamping holes possono aiutare ad autenticare i corpi pre-CBS e a distinguerli dalle moderne ristampe o falsi. La presenza di vernice (e non di pasta abrasiva rosa) all'interno dei fori dei chiodi indica che la chitarra è stata rifinita.
Con lo scopo di maneggiare il body più facilmente durante le operazioni di verniciatura e di asciugatura del colore, tra il '62 e il '63 la Fender iniziò ad impiegare, dopo aver applicato il giallo, un paint stick, un bastone ancorato tramite due viti alla tasca che ospitava il manico; quindi, a partire da questo periodo (con piccole variazioni in base all'anno), il punto di congiunzione manico-body mostrava per metà la prima tinta gialla, mentre, fino a questo momento, la tasca era completamente verniciata.
Dalla metà del 1964 la Fender modificò il modo con cui erano applicate le vernici: il risultato era un sunburst applicato su un fondo semitrasparente bianco, chiamato target burst, opaco, meno trasparente e in cui i colori non si "mischiavano" alla perfezione; al tempo stesso, però, questa nuova tecnica aiutava a nascondere i difetti delle venature del legno nei corpi meno "pregiati".
Tra la fine del '67 e il '68 la Fender modificò ancora il modo di verniciare le chitarre.
Tra la fine del '67 e il '68 la Fender modificò ancora il modo di verniciare le chitarre.
Nel 1969 poteva capitare che i corpi meno pregiati, i quali di solito erano destinati a colori coprenti, fossero talvolta verniciati con un sunburst, detto faux burst, applicato su un fondo bianco sul quale, tramite un pennello "graffiante", venivano simulate le venature del legno.
Verso la metà degli anni '60 i pezzi di ontano che componevano il body erano a volte così bene accoppiati che le striature sembravano proseguire da un pezzo all'altro, tanto che era difficile riconoscere le linee di separazione di pezzi. Questi corpi erano identificati con la scritta "no fill", che serviva a indicare agli addetti alla vernice di non applicare il giallo per far vedere meglio le venature del legno.
Verso la metà degli anni '60 i pezzi di ontano che componevano il body erano a volte così bene accoppiati che le striature sembravano proseguire da un pezzo all'altro, tanto che era difficile riconoscere le linee di separazione di pezzi. Questi corpi erano identificati con la scritta "no fill", che serviva a indicare agli addetti alla vernice di non applicare il giallo per far vedere meglio le venature del legno.
La luce UV può mettere in risalto particolari della vernice che normalmente non possono essere visti
Il poliestere
Già alla fine del 1967 la Fender iniziò a modificare il sistema con cui verniciava le chitarre, sostituendo il trasparente, fatto fino a questo momento di tante passate di nitro, con solo due strati di un tipo di poliuretano alifatico costituito da lunghe molecole di poliestere, noto a tutti semplicemente come "poliestere". Lo strato del colore invece era sempre costituito da lacche acriliche o alla nitro. Il vantaggio ovviamente era un notevole risparmio di tempo, perché il poliestere si asciugava molto rapidamente. Questo nuovo materiale in più non ingialliva nel tempo ed era anche molto più resistente della nitro.
C'è da notare però che non tutte le chitarre Fender erano completamente rivestite di poliestere, alcuni colori continuavano ad avere il "vecchio" rivestimento alla nitro. Inoltre sulla facciata anteriore della paletta veniva spruzzata solo la nitro, anche quando tutto il resto del manico era rifinito al poliestere. Infatti, quando la Fender iniziò ad applicare il trasparente sopra le decal, ci si accorse presto che il poliestere reagiva con i materiali usati per questi adesivi. Non sono rari neanche manici del 1967 e del 1968 completamente alla nitro.
Verso la fine del 1971 gli strati di poliestere impiegati come trasparente e come fondo diventarono sempre più spessi e densi, andando ad inglobare la chitarra in una specie di "sarcofago". Proprio per questo, per contrapporle alle sottili thin skin degli anni '50 e '60, le finiture al poliestere degli anni '70 passarono alla storia col soprannome thick skin.
C'è da notare però che non tutte le chitarre Fender erano completamente rivestite di poliestere, alcuni colori continuavano ad avere il "vecchio" rivestimento alla nitro. Inoltre sulla facciata anteriore della paletta veniva spruzzata solo la nitro, anche quando tutto il resto del manico era rifinito al poliestere. Infatti, quando la Fender iniziò ad applicare il trasparente sopra le decal, ci si accorse presto che il poliestere reagiva con i materiali usati per questi adesivi. Non sono rari neanche manici del 1967 e del 1968 completamente alla nitro.
Verso la fine del 1971 gli strati di poliestere impiegati come trasparente e come fondo diventarono sempre più spessi e densi, andando ad inglobare la chitarra in una specie di "sarcofago". Proprio per questo, per contrapporle alle sottili thin skin degli anni '50 e '60, le finiture al poliestere degli anni '70 passarono alla storia col soprannome thick skin.
Questo era un periodo di forte sperimentazione, in cui sono state provate numerose alternative e combinazioni. Ad esempio l'Olympic White mantenne un clear coat alla nitro (con un fondo al poliestere) fino al 1977; anche il sunburst in questo periodo era realizzato allo stesso modo. A volte poteva succedere che le sunburst realizzate tra la fine del '68 e per tutto il '69 perdessero il rosso. Insomma, una regola fissa non c'era.
Nel 1979 l’Air Quality Management District e l’Environmental Protection Agency chiesero alla Fender, sotto pressione per l'inquinamento causato dall'ampio uso di poliestere, di provare un nuovo metodo di finitura e delle nuove vernici. La Fender provò una nuova vernice ad acqua, ma il risultato fu disastroso: la nuova finitura finiva per rompersi dopo poche settimane, e la Fender fu costretta quindi a tornare al poliestere.
Nel 1979 l’Air Quality Management District e l’Environmental Protection Agency chiesero alla Fender, sotto pressione per l'inquinamento causato dall'ampio uso di poliestere, di provare un nuovo metodo di finitura e delle nuove vernici. La Fender provò una nuova vernice ad acqua, ma il risultato fu disastroso: la nuova finitura finiva per rompersi dopo poche settimane, e la Fender fu costretta quindi a tornare al poliestere.
Il poliuretano
Fortunatamente, verso la fine del 1981, con la gestione Schultz-Smith, un nuovo tipo di poliuretano, più sottile del precedente "poliestere", iniziò a rimpiazzarlo nelle Stratocaster Standard conosciute come "Smith Strat", almeno come trasparente, mantenendo ancora il poliestere come fondo.
Le nuove Stratocaster American Standard del 1987 presentavano una vernice al poliuretano, ma come undercoat era impiegato ancora il poliestere per far aderire meglio il colore.
Le nuove Stratocaster American Standard del 1987 presentavano una vernice al poliuretano, ma come undercoat era impiegato ancora il poliestere per far aderire meglio il colore.