L'American Standard Stratocaster - Prima Serie
Nel 1985 la Fender, dopo il buyout che aveva portato Bill Schultz ad esserne il nuovo presidente, era una nuova azienda, diversa da quella delle origini, che doveva prendere al più presto le distanze dalla CBS per poter sopravvivere.
Bill Schultz era stato sempre fermamente convinto che, se non si cresce e si migliora, si è inevitabilmente destinati a scomparire. Per riportare la sua azienda ai fasti del passato era quindi dell'idea che bisognava prendere l'icona della Fender, la Stratocaster, e adattarla ai tempi moderni. Non c'era bisogno di una reissue, né di una chitarra "premium", né di appianare i costi, ma soltanto di prendere la vecchia chitarra di Leo e fare qualche piccola modifica qui e lì, senza stravolgerne la struttura, perché stesse al passo con i suoi competitor. Insieme ai suoi collaboratori cercò quindi di immaginare cosa avrebbe fatto lo stesso Leo Fender per modernizzare la Stratocaster. La nuova American Standard Stratocaster, chiamata così per ribadire il concetto che veniva realizzata negli U.S.A. e non altrove, fu ufficialmente presentata al NAMM del gennaio del 1987, ma iniziò ad essere sviluppata da Dan Smith e George Blanda già nel 1986. |
Tra le caratteristiche principali dell'American Standard Stratocaster spiccavano la piccola paletta (con logo Fender argentato), il Bi Flex truss rod, il manico fissato al corpo tramite quattro viti e il Micro Tilt. Il radius era di 9,5 pollici e la tastiera aveva ventidue tasti medium jumbo, ma l'aggiunta del ventiduesimo tasto non modificava la posizione dei pickup sul corpo.
Nell'elettronica spiccava il sistema di controllo di tono TBX, che era già stato montato sulle Elite e che si sarebbe presto visto anche sulle Strat Plus e sulla Clapton Stratocaster. Il TBX permetteva di tagliare gli alti e i bassi ruotando la manopola di tono, diversamente del classico tone pot che tagliava solo gli alti. Tuttavia l'esaltazione dei medi che derivava dall'attenuazione delle altre due frequenze, faceva spesso pensare che si trattasse di un sistema attivo; in realtà, poiché tagliava e non amplificava, era passivo. Da qui anche le diverse interpretazioni della sigla: Treble Bass eXpander e Treble Bass Cuts (X).
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Ma la vera innovazione fu un nuovo ponte. Infatti il Synchronized Tremolo, il fiore all'occhiello della chitarra di Leo Fender, durante la gestione CBS era stato ridisegnato e, con lo scopo di abbassare i costi, peggiorato a causa dell'utilizzo di un metallo scadente pressofuso; neanche il successivo Freeflyte Tremolo delle Elite si dimostrò un ponte all'altezza della Stratocaster. Per migliorarne la qualità, pur mantenendo i costi contenuti, quindi, per l'American Standard fu progettato un nuovo ponte. Questo non era più realizzato inserendo del metallo liquido in uno stampo, com'era abitudine nel periodo CBS, ma introducendo del metallo in polvere, quello che la Fender chiama powdered metal, in una pressa all'interno della quale erano applicate altissime pressioni. Il blocco del tremolo, ora angolato, era realizzato in acciaio a basso contenuto di carbonio (realizzato tramite il processo powdered-metal). I primissimi tremolo block erano "nickel-coated" ma, in poco tempo, sarebbero stati verniciati e, dagli anni '90, "powder-coated". Nel progetto inizale tuttavia il punto di giunzione con il base plate doveva essere "nudo", non rivestito; tuttavia, non è chiaro perché, tutto il blocco, compreso il punto di giunzione, per errore, iniziò ad essere presto powder coated. Le sellette erano piene, costituite da un unico blocco realizzato tramite il processo powdered metal, sul quale veniva inciso un piccolo canale sul quale scivolavano le corde. Non erano realizzate quindi tramite il bending process di Leo, ma neanche con il metallo pressofuso del periodo CBS. Il base plate invece veniva realizzato da una lastra di acciaio laminato a freddo.
Il nuovo ponte era ancorato alla Stratocaster tramite due grosse viti laterali e non più sei, motivo per il quale l'American Standard Tremolo è spesso chiamato anche 2-Point Synchronized Tremolo. Il ponte così costruito era semplice e dai costi contenuti e, soprattutto, suonava bene, nonostante fosse realizzato tramite un processo industriale.
Le prime Stratocaster American Standard avevano un ponte i cui due perni a vite erano conficcati direttamente nel legno del corpo. Tra l'aprile del 1987 e l’inizio del 1988 la Fender modificò il ponte e i nuovi perni si agganciavano su alcuni inserti filettati conficcati nel legno.
Il nuovo ponte era ancorato alla Stratocaster tramite due grosse viti laterali e non più sei, motivo per il quale l'American Standard Tremolo è spesso chiamato anche 2-Point Synchronized Tremolo. Il ponte così costruito era semplice e dai costi contenuti e, soprattutto, suonava bene, nonostante fosse realizzato tramite un processo industriale.
Le prime Stratocaster American Standard avevano un ponte i cui due perni a vite erano conficcati direttamente nel legno del corpo. Tra l'aprile del 1987 e l’inizio del 1988 la Fender modificò il ponte e i nuovi perni si agganciavano su alcuni inserti filettati conficcati nel legno.
I pickup flat-pole non avevano un nome specifico, ma sarebbero stati chiamati in seguito American Standard Pickups; quello centrale non era a polarità ed avvolgimento opposti (reverse wound/reverse polarity o RWRP) che consentiva la diminuzione del fruscio nelle posizioni 2 e 4. Non avevano più ognuno un singolo alloggio nel corpo della chitarra, ma erano ospitati tutti in un vano più grande detto swimming pool; tuttavia, nel 1998, comparvero i primi body con il routing HSH, che sostituirono definitivamente lo swimming pool nel 1999.
Il legno del corpo era sempre l'ontano; tuttavia, nei primi anni '90, venne usato anche il tulip poplar, chiamato anche yellow poplar (che gli Americani chiamano anche semplicemente "poplar", ma che non va tradotto come "pioppo") a causa di alcune leggi sul disboscamento in Oregon, e, nella seconda metà degli anni '90, anche il frassino di palude per le finiture White Blonde e Natural.
Il corpo era quasi sempre ricoperto da tre strati successivi di poliuretano (undercoat, color coat, clear coat); tuttavia, Dan Smith dichiarò che per un po' di tempo, per far aderire meglio il colore, venne preferito un undercoat in poliestere, lasciando un clear coat in poliuretano e uno strato di colore che poteva essere in poliuretano, ma anche costituito dalle classiche lacche.
Dalla fine del 1989 circa spesso succedeva anche che, sotto i colori "solidi", ma anche in alcuni sunburst (quelli che presentano tutta la concavità posteriore nera), c'era un corpo formato da un top e un "back" impiallacciato. Come giustificazione George Blanda e Dan Smith avevano dichiarato che era solo un modo per far aderire meglio i colori solidi ed evitare che accumuli di minerali si depositassero lungo le venature.
In ogni caso l'American Standard fu il simbolo della nuova Stratocaster, dotata finalmente di un ponte che, sebbene non paragonabile a quello di Leo Fender, era almeno all'altezza del suo nome.
Il legno del corpo era sempre l'ontano; tuttavia, nei primi anni '90, venne usato anche il tulip poplar, chiamato anche yellow poplar (che gli Americani chiamano anche semplicemente "poplar", ma che non va tradotto come "pioppo") a causa di alcune leggi sul disboscamento in Oregon, e, nella seconda metà degli anni '90, anche il frassino di palude per le finiture White Blonde e Natural.
Il corpo era quasi sempre ricoperto da tre strati successivi di poliuretano (undercoat, color coat, clear coat); tuttavia, Dan Smith dichiarò che per un po' di tempo, per far aderire meglio il colore, venne preferito un undercoat in poliestere, lasciando un clear coat in poliuretano e uno strato di colore che poteva essere in poliuretano, ma anche costituito dalle classiche lacche.
Dalla fine del 1989 circa spesso succedeva anche che, sotto i colori "solidi", ma anche in alcuni sunburst (quelli che presentano tutta la concavità posteriore nera), c'era un corpo formato da un top e un "back" impiallacciato. Come giustificazione George Blanda e Dan Smith avevano dichiarato che era solo un modo per far aderire meglio i colori solidi ed evitare che accumuli di minerali si depositassero lungo le venature.
In ogni caso l'American Standard fu il simbolo della nuova Stratocaster, dotata finalmente di un ponte che, sebbene non paragonabile a quello di Leo Fender, era almeno all'altezza del suo nome.
Confrontando le prime American Standard, prodotte tra la fine del 1986 e l'inizio del 1987, con tutte le altre, si può notare che i primi esemplari avevano uno spigolo tra lo swimming pool e la cavità dei controlli, assente in tutte le altre American Standard. Inoltre nei primi body i due piloni del ponte entravano direttamente nel legno, a differenza delle altre produzioni in cui sono inseriti tramite delle ghiere metalliche
È interessante prendere in considerazione ciò che ha detto Scott Zimmerman, ex Senior Luthier per la Fender, riguardo le prime Stratocaster American Standard. Quando la fabbrica di Fullerton venne chiusa nel 1985, la sede centrale della Fender si trasferì nell'edificio di Brea, dove non era possibile produrre chitarre. La fabbrica di Corona non era ancora stata acquistata, quindi, a quel tempo, la Fender non poteva fabbricare nuove chitarre.
Una grande parte delle chitarre che la CBS aveva lasciato alla Fender dopo il buyout del 1985 erano modelli che nessuno voleva (solo le Reissue vendevano bene), per cui, Dan Smith e George Blanda progettarono l’American Standard Stratocaster. Ma la Fender non aveva ancora una fabbrica.
Bill Schultz e Dan Smith sapevano di non poter perdere tempo a cercare una nuova fabbrica, per cui Smith pensò che la fabbrica giapponese, Fujigen, che fabbricava le Fender in Giappone, potesse costruire manici e corpi per l’American Standard, mentre la Fender USA avrebbe fornito le restanti parti e la manodopera, raggiungendo il 51% tra lavoro e materiali che rendeva legalmente valida la sigla “MADE IN USA”.
Dan Smith e George Blanda fornirono i progetti del nuovo strumento a Fujigen, che iniziò la produzione di manici e corpi verniciati. La Fender negli Stati Uniti li assemblò con tutti gli altri componenti. Fujigen continuò inviare corpi e manici negli Stati Uniti fino a quando la fabbrica di Fender a Corona non fu autonoma.
Tuttavia, confrontando le primissime Stratocaster American Standard con altre chitarre realizzate nella fabbrica di Fujigen, nulla sembra confermare questa ipotesi. La paletta aveva la forma delle Stratocaster americane di quel periodo e le lavorazioni erano anch’esse tipiche delle Stratocaster americane, non di quelle giapponesi, differentemente da quanto accadde per le US Contemporary e le US HM Stratocaster in cui l'origine giapponese era ben evidente.
Tuttavia, va notato che, utilizzando gli stessi router CNC Shoda e lo stesso programma CNC usato negli USA, i corpi e i manici, anche se provenienti dal Giappone, erano identici a quelli realizzati negli USA, rendendo impossibile trovare differenze. Questo era lo scopo del progetto di Dan Smith: nessuno avrebbe potuto dire che le primissime American Standard Stratocaster provenissero dal Giappone.
Una grande parte delle chitarre che la CBS aveva lasciato alla Fender dopo il buyout del 1985 erano modelli che nessuno voleva (solo le Reissue vendevano bene), per cui, Dan Smith e George Blanda progettarono l’American Standard Stratocaster. Ma la Fender non aveva ancora una fabbrica.
Bill Schultz e Dan Smith sapevano di non poter perdere tempo a cercare una nuova fabbrica, per cui Smith pensò che la fabbrica giapponese, Fujigen, che fabbricava le Fender in Giappone, potesse costruire manici e corpi per l’American Standard, mentre la Fender USA avrebbe fornito le restanti parti e la manodopera, raggiungendo il 51% tra lavoro e materiali che rendeva legalmente valida la sigla “MADE IN USA”.
Dan Smith e George Blanda fornirono i progetti del nuovo strumento a Fujigen, che iniziò la produzione di manici e corpi verniciati. La Fender negli Stati Uniti li assemblò con tutti gli altri componenti. Fujigen continuò inviare corpi e manici negli Stati Uniti fino a quando la fabbrica di Fender a Corona non fu autonoma.
Tuttavia, confrontando le primissime Stratocaster American Standard con altre chitarre realizzate nella fabbrica di Fujigen, nulla sembra confermare questa ipotesi. La paletta aveva la forma delle Stratocaster americane di quel periodo e le lavorazioni erano anch’esse tipiche delle Stratocaster americane, non di quelle giapponesi, differentemente da quanto accadde per le US Contemporary e le US HM Stratocaster in cui l'origine giapponese era ben evidente.
Tuttavia, va notato che, utilizzando gli stessi router CNC Shoda e lo stesso programma CNC usato negli USA, i corpi e i manici, anche se provenienti dal Giappone, erano identici a quelli realizzati negli USA, rendendo impossibile trovare differenze. Questo era lo scopo del progetto di Dan Smith: nessuno avrebbe potuto dire che le primissime American Standard Stratocaster provenissero dal Giappone.
LE ALUMINUM BODY
Tra il 1994 e il 1995 la Fender produsse anche alcune Stratocaster American Standard e Strat Plus con il corpo in alluminio, ordinato a Spruce Hill Guitars di Marthy Schulte. Il corpo in alluminio di questi strumenti era stato usato anche per altri strumenti, incluse le Custom Shop Harley Davidson 90th Anniversary e le Freddie Tavares Aloha Stratocaster.
Realizzate in edizione limitata, le aluminum body American Standard Stratocaster erano disponibili in tre finiture: Blue Metal Burst, Violet Metal Burst e Stars and Stripes, sul cui corpo in alluminio era disegnata la bandiera statunitense. Purtroppo la Fender non ha tenuto il conto di quante siano state effettivamente prodotte; si sa solo che ne fabbricò circa quattrocento esemplari, che non vanno confusi con quelli dell'anniversario.
Realizzate in edizione limitata, le aluminum body American Standard Stratocaster erano disponibili in tre finiture: Blue Metal Burst, Violet Metal Burst e Stars and Stripes, sul cui corpo in alluminio era disegnata la bandiera statunitense. Purtroppo la Fender non ha tenuto il conto di quante siano state effettivamente prodotte; si sa solo che ne fabbricò circa quattrocento esemplari, che non vanno confusi con quelli dell'anniversario.
UN PROBLEMA DI SERIALI: E4 E N9
Le prime Stratocaster realizzate alla fine del 1986 avevano un numero di serie che iniziava per “E3” (anche se abbastanza raro) ed “E4”. Inoltre, nel 1987 e il 1988 furono usati solo i numeri di serie che iniziavano per “E4”. Di conseguenza molti credono che queste chitarre siano state costruite nel 1983 o 1984, ma, in realtà, come spesso è accaduto nella storia della Fender, si tratta solo di decal avanzate dalla vecchia gestione CBS e che sono state applicate sui nuovi manici anche dopo il cambio di proprietà. Nel 1988 la Fender ha ripreso con la regolare serializzazione usando decal che iniziavano per “E8”.
È possibile fare confusione anche con le American Standard con il seriale N9xxxxx, poiché "N9" è stato utilizzato, per errore, sia sulle chitarre nate nel 1989 e nel 1990, sia in quelle del 1999. Quest'ultime sono però facilmente distinguibili dalle altre perché munite di Spaghetti Logo e perché hanno il seriale nella parte posteriore della paletta, non anteriore come nel caso di quelle prodotte negli anni '80 e nei primi anni '90 (la Fender spostò la posizione del seriale nel 1995).
È possibile fare confusione anche con le American Standard con il seriale N9xxxxx, poiché "N9" è stato utilizzato, per errore, sia sulle chitarre nate nel 1989 e nel 1990, sia in quelle del 1999. Quest'ultime sono però facilmente distinguibili dalle altre perché munite di Spaghetti Logo e perché hanno il seriale nella parte posteriore della paletta, non anteriore come nel caso di quelle prodotte negli anni '80 e nei primi anni '90 (la Fender spostò la posizione del seriale nel 1995).
L'AMERICAN STANDARD DELUXE STRATOCASTER
Va ricordato che, affiancando la Serie Plus e l'American Standard, la Fender nel 1989 presentò anche l'American Standard Deluxe Stratocaster, che rimase in produzione solo per un anno. Munita di tre Lace Sensor Gold, questa chitarra da molti viene confusa con una Strat Plus, da cui però si può distinguere perché priva del Roller Nut e delle meccaniche Locking Tuners.
Antonio Calvosa