TIME MACHINE SERIES
Già con l'introduzione delle Vintage Reissue e delle Relic di Cunetto era evidente come l'alone di magia che avvolgeva le vecchie chitarre, anche quelle che mostravano importanti segni del tempo, fosse sempre più marcato e coinvolgesse sempre più chitarristi. Per alcuni di loro acquistare uno strumento dall'aspetto già vissuto era semplicemente una questione pratica e conveniente (non si dovevano preoccupare di non "maltrattarlo" troppo), ma altri subivano davvero il fascino di queste chitarre. Una "dolce illusione", forse. Ma la sensazione di avere a portata di plettro una chitarra con molti anni e concerti alle spalle o con le caratteristiche di quelle degli anni d'oro della Fender, senza spendere cifre esagerate, attraeva sempre più musicisti. In ogni caso, il fenomeno "relic" ha da sempre suscitato opinioni fortemente contrastanti, ma ha permesso all'azienda di Corona di raddoppiare il proprio lavoro e, ad oggi, la serie Time Machine, introdotta dal Custom Shop nel 1999, è una delle maggiori fonti di guadagno per la Fender, come dichiarato da Mike Lewis.
Questa serie rappresentò una pietra miliare nella storia della Stratocaster, non solo perché l'azienda californiana utilizzò, dove possibile, le stesse tecniche costruttive e gli stessi materiali degli anni di riferimento, ma anche perché spinse i liutai del Custom Shop a studiare nei più piccoli particolari le chitarre degli anni '50, '60 e '70: analizzarono le linee dei corpi, i profili dei manici, le palette, i pickup, l'hardware, ma anche la loro evoluzione negli anni o cose che potevano essere meno evidenti, come il routing e il wiring, per replicare gli strumenti nel migliore modo possibile. Questo portò di conseguenza anche ad un perfezionamento generale anche nella produzione di serie. Non è un caso se, proprio con l'introduzione delle Time Machine, ad esempio, la forma delle palette sulle American Vintage o sulle American Standard iniziò a ricalcare davvero quella delle chitarre dell'era di Leo Fender.
Tra il 1995 e il 1997 la Relic '50s Stratocaster e la Relic '60s Stratocaster erano le uniche Stratocaster dall'aspetto usurato; nel 1998 vennero affiancate dalla NOS Stratocaster (Custom Classic Series), una chitarra che, secondo catalogo, racchiudeva le caratteristiche principali delle Stratocaster della metà degli anni '60. Fino a questo momento, quindi, nessuno strumento invecchiato ricalcava alla perfezione una chitarra realizzata in un particolare anno.
Mike Lewis, direttore del marketing Fender dal 1995, iniziò a lavorare all'idea di una nuova serie di strumenti "relic" prima con John Page, poi con il suo sostituto alla guida del Custom Shop Mike Eldred, espandendone il concetto nella nuova serie Time Machine, le cui chitarre avrebbero invece rievocato meticolosamente le vecchie glorie del passato, imitando le originali anche nei più piccoli dettagli.
Mike Lewis, direttore del marketing Fender dal 1995, iniziò a lavorare all'idea di una nuova serie di strumenti "relic" prima con John Page, poi con il suo sostituto alla guida del Custom Shop Mike Eldred, espandendone il concetto nella nuova serie Time Machine, le cui chitarre avrebbero invece rievocato meticolosamente le vecchie glorie del passato, imitando le originali anche nei più piccoli dettagli.
Sarebbero stati disponibili, in base al livello di usura della vernice, tre tipologie di chitarre: le N.O.S. (New Old Stock), le Closet Classic (invecchiate solo leggermente) e le Relic (sulle quali i segni del tempo erano evidenti).
Le N.O.S. erano delle chitarre "nuove", "come se fossero state appena prese dal magazzino, mai suonate e prive di segni di usura o invecchiamento", recitava il catalogo Fender. La differenza rispetto agli strumenti moderni era che venivano verniciate secondo i vecchi metodi. Tuttavia la vernice era più "flessibile" rispetto alle Relic e tendeva ad invecchiare meno velocemente. |
Le Closet Classic erano una via di mezzo, come se queste chitarre fossero state utilizzate per un po' di tempo, magari suonate qualche volta ogni mese e poi riposte in un ripostiglio. In questo caso il catalogo le definiva "rovinate leggermente, ingiallite col tempo, la cui finitura presenta un leggero checking e qualche piccola spaccatura, tipici delle chitarre che nel tempo sono state esposte a differenti condizioni di temperatura ed umidità". Ma non solo, anche le plastiche erano vagamente ingiallite e l'hardware ossidato.
Infine le Relic: chitarre descritte come "used and abused": checking evidente, graffi, interi pezzi di vernice saltati, plastiche decisamente ingiallite e, a volte, perfino un po' di ruggine. Forse in modo anche troppo esagerato.
Infine le Relic: chitarre descritte come "used and abused": checking evidente, graffi, interi pezzi di vernice saltati, plastiche decisamente ingiallite e, a volte, perfino un po' di ruggine. Forse in modo anche troppo esagerato.
Il 1999 fu di fondamentale importanza per il Custom Shop. Infatti, con il debutto ufficiale, nel mese di gennaio, delle Closet Classic, che andarono ad affiancare quelle che erano ancora chiamate Relic Series e N.O.S. Strat, ci fu un ulteriore passo in avanti: ora tutte le reissue del Custom Shop, sia che fossero N.O.S, Closet Classic o Relic, andarono tutte a rifarsi ad un anno specifico.
I nuovi strumenti, che solo dall'estate dello stesso anno vennero riuniti nella Time Machine Series, includevano, oltre alla '56 Stratocaster, '60 Stratocaster, '69 Stratocaster, anche la '51 Nocaster, la '63 Telecaster e il Relic '64 Jazz Bass, ed erano ovviamente disponibili tutti in tutti e tre i livelli di invecchiamento, Relic '64 Jazz Bass compreso, nonostante il suo nome.
I nuovi strumenti, che solo dall'estate dello stesso anno vennero riuniti nella Time Machine Series, includevano, oltre alla '56 Stratocaster, '60 Stratocaster, '69 Stratocaster, anche la '51 Nocaster, la '63 Telecaster e il Relic '64 Jazz Bass, ed erano ovviamente disponibili tutti in tutti e tre i livelli di invecchiamento, Relic '64 Jazz Bass compreso, nonostante il suo nome.
Alla base di questo però c'era un'attenta analisi, da parte dei liutai del Custom Shop, degli strumenti originali da cui prendevano spunto le Time Machine, con la consapevolezza che anno per anno le modalità costruttive, le vernici e i modi in cui venivano applicate potevano variare notevolmente, e tutti questi erano fattori da prendere in considerazione per rendere le repliche credibili. Ad esempio, la '60 aveva un truss rod più piccolo, proprio come quello che Leo inserì nelle Stratocaster originali del 1960.
La '69 Stratocaster poteva essere ordinata sia con la tastiera in palissandro, sia con quella in acero, mentre, con un piccolo sovrapprezzo, la '56 Stratocaster e la '60 Stratocaster erano disponibili con hardware dorato.
La '69 Stratocaster poteva essere ordinata sia con la tastiera in palissandro, sia con quella in acero, mentre, con un piccolo sovrapprezzo, la '56 Stratocaster e la '60 Stratocaster erano disponibili con hardware dorato.
Nel 2003 alla serie vennero aggiunte anche la '65 Stratocaster, con una tastiera round-lam in palissandro, (già disponibile fuori catalogo dal 2002), una '59 Esquire e una 1960 Tele Custom; l'anno successivo fu il turno della '66 Stratocaster, che però entrò nel catalogo solo nel 2005. Nel tempo, molte altre ancora entrarono a far parte della serie.
Ma dato che il "normale" invecchiamento Relic non sembrava essere ancora sufficiente a soddifsfare tutti i chitarristi (basti pensare alle condizioni estreme della Number One di Stevie Ray Vaughan o, ancora di più, a quelle della Stratocaster di Rory Gallagher), la Fender pensò di introdurre un livello di aging estremo, detto Ultimate Relic o Heavy Relic, apparso le prime volte su alcuni strumenti master built realizzati da John Cruz e descritto con la frase "been to hell and back".
Infine vennero introdotte anche le Journayman Relic e le Lush Closet Classic. Le prime erano una via di mezzo tra le Relic e le Closet Classic, definite "used but not abused". Il Custom Shop le descrive come se fossero chitarre utilizzate molto, ma soprattutto in casa, con pochi concerti sulle spalle, tenute bene e con attenzione negli anni, la cui vernice presenta un buon livello di checking ma solo pochi piccoli graffi e dall'hardware opacizzato dal tempo. Le Lush Closet Classic invece sono, secondo la Fender, chitarre "Owned with pride. Well taken care of and religiously polished throughout the years. The owner of this guitar took pride in keeping it clean and shiny". Una finitura dal relic molto leggero, tipica degli strumenti che appartengono a quei chitarristi che, negli anni, si prendono molta cura delle proprie chitarre, caratterizzate quindi solo da checking e ossidazione moderati.
Infine vennero introdotte anche le Journayman Relic e le Lush Closet Classic. Le prime erano una via di mezzo tra le Relic e le Closet Classic, definite "used but not abused". Il Custom Shop le descrive come se fossero chitarre utilizzate molto, ma soprattutto in casa, con pochi concerti sulle spalle, tenute bene e con attenzione negli anni, la cui vernice presenta un buon livello di checking ma solo pochi piccoli graffi e dall'hardware opacizzato dal tempo. Le Lush Closet Classic invece sono, secondo la Fender, chitarre "Owned with pride. Well taken care of and religiously polished throughout the years. The owner of this guitar took pride in keeping it clean and shiny". Una finitura dal relic molto leggero, tipica degli strumenti che appartengono a quei chitarristi che, negli anni, si prendono molta cura delle proprie chitarre, caratterizzate quindi solo da checking e ossidazione moderati.
Vintage Custom Series
Nel 2018 il Custom Shop Fender lanciò la serie Vintage Custom, che includeva repliche delle prime Stratocaster o di quelle, più rare, caratterizzate da combinazioni di componenti transitorie, che si sono viste solo per brevi periodi durante l’evoluzione delle Stratocaster degli anni d’oro — tra le prime Stratocaster di questa serie figuravano quelle ispirati ai primi modelli del 1959, considerati dei veri e propri spartiacque nel mondo Fender.
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A queste particolarità erano aggiunti piccoli upgrade per rendere le Vintage Custom Stratocaster più player-friendly, come il vintage compund radius.
La novità più importante riguardante le Vintage Custom fu il nuovo livello di invecchiamento Time Capsule, che combinava l’hardware Closet Classic con la finitura NOS Flash Coat Lacquer, un termine usato dalla Fender per indicare una tecnica di verniciatura caratterizzata da uno spruzzo molto rapido di nitrocellulosa, “flash” appunto, che permetteva di ottenere uno strato finale molto sottile: «the Time Capsule package grants these instruments the charming appearance, authentic sound and genuine mojo of an extremely lucky vintage find». Questa finitura era stata studiata per permettere alla vernice di uno strumento di usurarsi naturalmente fino a raggiungere un aspetto invecchiato in un periodo di tempo molto più breve rispetto ad altre finiture. Tuttavia, è importante tenere presente che il termine Flash Coat Lacquer si riferisce solo allo strato finale di vernice e non all'intera finitura, quindi molti strumenti Fender laccati Flash Coat potrebbero avere un fondo in poli.
Antonio Calvosa