La Nascita del Custom Shop2>
Lo scopo originale del Custom Shop Fender, inaugurato ufficialmente il 15 maggio del 1987, era costruire chitarre speciali o custom per artisti famosi o musicisti professionisti, senza pensare ad alcun profitto ma al solo prestigio della Fender. Una specie di officina del “meglio del meglio” che la Fender aveva da offrire, in cui i migliori liutai avrebbero costruito meticolose riproduzioni di strumenti vintage o strumenti dal design innovativo.
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In quel periodo il concetto di "custom" non era del tutto nuovo: anche ai tempi di Leo Fender, infatti, furono costruite chitarre fuori serie, come la Stratocaster Gold di Eldon Shamblin o la Cimarron Red di Bill Carson. Tuttavia il Custom Shop come oggi lo conosciamo ha le sue origini all’inizio degli anni ’80.
In quel periodo il Reparto Ricerca & Sviluppo della Fender disponeva di liutai che avevano già dimostrato il loro valore con il progetto Vintage Reissue, tra cui John Page, Steve Boulanger, Scott Zimmerman e John Cermenaro. Tra loro a volte discutevano di quanto sarebbe stato bello iniziare a costruire chitarre custom o modelli speciali. Nel 1984 John Page decise di mettere su carta le loro idee e le propose a Bill Schultz. Quello che avevano in mente era una sorta di Custom Shop così come sarebbe stato alcuni anni dopo, una piccola struttura in grado di costruire strumenti raffinati per musicisti importanti, in modo da aumentare il prestigio del brand Fender, ma con una importante differenza: doveva essere indipendente dalla Fender. Purtroppo la CBS bocciò la proposta.
Tuttavia i semi di quello che sarebbe diventato il Custom Shop erano stati gettati, come si può capire delle parole di Dan Smith: «We were only going to make 10 Vintage pieces a day, so we were going to start a Custom Shop to build special projects for artists, to make certain that the prestige was still there for the company». A Dan non importava che il Custom Shop portasse dei ricavi, a lui interessava solo il prestigio del marchio Fender.
In quel periodo il Reparto Ricerca & Sviluppo della Fender disponeva di liutai che avevano già dimostrato il loro valore con il progetto Vintage Reissue, tra cui John Page, Steve Boulanger, Scott Zimmerman e John Cermenaro. Tra loro a volte discutevano di quanto sarebbe stato bello iniziare a costruire chitarre custom o modelli speciali. Nel 1984 John Page decise di mettere su carta le loro idee e le propose a Bill Schultz. Quello che avevano in mente era una sorta di Custom Shop così come sarebbe stato alcuni anni dopo, una piccola struttura in grado di costruire strumenti raffinati per musicisti importanti, in modo da aumentare il prestigio del brand Fender, ma con una importante differenza: doveva essere indipendente dalla Fender. Purtroppo la CBS bocciò la proposta.
Tuttavia i semi di quello che sarebbe diventato il Custom Shop erano stati gettati, come si può capire delle parole di Dan Smith: «We were only going to make 10 Vintage pieces a day, so we were going to start a Custom Shop to build special projects for artists, to make certain that the prestige was still there for the company». A Dan non importava che il Custom Shop portasse dei ricavi, a lui interessava solo il prestigio del marchio Fender.
La prima scelta come guida del futuro Custom Shop fu John Carruthers, una delle prime persone assunte (come consulente) dalla Fender quando Bill Schultz ne assunse la presidenza. John, caro amico di Dan Smith, era un famoso liutaio che aveva customizzato e riparato strumenti per alcuni dei musicisti più importanti. Tuttavia John declinò l’offerta perché ormai la sua attività era ben avviata ed aveva moltissimi clienti.
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Dan Smith propose quindi come capo del nascente Custom Shop il designer e liutaio George Blanda. «I had a business building guitar», disse tempo dopo George in un’intervista. «Prior to that I had a couple of years experience working at Ax-In-Hand in DeKalb, Illinois, so I had seen a great many vintage guitars. Within a couple of months after the buyout, they weren’t really sure what they were going to do, but they had determined that they were going to start a Custom Shop, and that would be a good place for me».
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George venne assunto in Fender nell’ottobre del 1985, ma il progetto Custom Shop venne temporaneamente rinviato a causa del rapporto Yen/Dollaro che favoriva le esportazioni, portando nuovamente ad aumento della richiesta dei prodotti made in USA. «When the yen dropped, prices of Japanese products went way up overnight», raccontò George. «So, importing them wasn’t going to save us as much money. Besides, everybody wanted to see some good old-fashioned US technology again». Per questo motivo la Fender si trovò di fronte alla necessità di rinforzare il reparto R&D con qualcuno in grado di sviluppare nuovi modelli, e questo compitò spettò proprio a George Blanda.
Ma il progetto Custom Shop non era stato abbandonato, e Dan Smith contattò prima Michael Stevens, poi John Page, che aveva lasciato la Fender appena un anno prima per concentrarsi sulla propria musica.
Michael Stevens era un liutaio che aveva iniziato la sua carriera nel 1967 lavorando con Larry Jameson al famoso Guitar Resurrection di San Francisco, California. Nel 1978 Michael aprì il suo primo laboratorio ad Austin, dove riparò e costruì chitarra per musicisti del calibro dei fratelli Vaughan, Albert King, Eric Johnson, Otis Rush e Lonnie Mack.
Diversamente da Michael Stevens, John Page aveva già lavorato in Fender quando il Custom Shop era solo una vaga idea. Nel 1978, ad appena 21 anni, iniziò la sua carriera nel reparto R&D, dove lavorò tre come liutaio e sei come designer con Freddie Tavares. Lasciò la Fender alla fine del gennaio del 1986 per dedicarsi alla propria musica, mantenendo però i contatti con l’azienda californiana nella veste di consulente esterno.
Tuttavia dopo soli 11 mesi rientrò in Fender: «I called Dan Smith in December of 1986 to tell him I was going to get back in the guitar industry and asked him if they had any openings at Fender» dichiarò John. «He said that I could have my choice – get back into guitar R&D or get in on the ground floor of the Custom Shop. I really didn’t have any desire to get back into R&D (I didn’t get along very well with the guy in charge), but I liked the idea of the Custom Shop. Back when I was in the model shop, we made custom guitars for artists all the time. Fender just didn’t advertise it. In fact, John Cermenaro, Steve Boulanger and Scott Zimmerman, and myself put together a proposal for us to start a Custom Shop as outside vendors, back in 1984 -1985. The proposal was rejected by CBS management».
Ma il progetto Custom Shop non era stato abbandonato, e Dan Smith contattò prima Michael Stevens, poi John Page, che aveva lasciato la Fender appena un anno prima per concentrarsi sulla propria musica.
Michael Stevens era un liutaio che aveva iniziato la sua carriera nel 1967 lavorando con Larry Jameson al famoso Guitar Resurrection di San Francisco, California. Nel 1978 Michael aprì il suo primo laboratorio ad Austin, dove riparò e costruì chitarra per musicisti del calibro dei fratelli Vaughan, Albert King, Eric Johnson, Otis Rush e Lonnie Mack.
Diversamente da Michael Stevens, John Page aveva già lavorato in Fender quando il Custom Shop era solo una vaga idea. Nel 1978, ad appena 21 anni, iniziò la sua carriera nel reparto R&D, dove lavorò tre come liutaio e sei come designer con Freddie Tavares. Lasciò la Fender alla fine del gennaio del 1986 per dedicarsi alla propria musica, mantenendo però i contatti con l’azienda californiana nella veste di consulente esterno.
Tuttavia dopo soli 11 mesi rientrò in Fender: «I called Dan Smith in December of 1986 to tell him I was going to get back in the guitar industry and asked him if they had any openings at Fender» dichiarò John. «He said that I could have my choice – get back into guitar R&D or get in on the ground floor of the Custom Shop. I really didn’t have any desire to get back into R&D (I didn’t get along very well with the guy in charge), but I liked the idea of the Custom Shop. Back when I was in the model shop, we made custom guitars for artists all the time. Fender just didn’t advertise it. In fact, John Cermenaro, Steve Boulanger and Scott Zimmerman, and myself put together a proposal for us to start a Custom Shop as outside vendors, back in 1984 -1985. The proposal was rejected by CBS management».
I primi anni
Inizialmente solo inizialmente il Senior Design Engineer (il termine master builder non era stato ancora coniato) Michael Stevens, assistito da John Page, lavoravano nel Custom Shop.
Tuttavia Micheal e John da soli non erano più sufficienti. Inizialmente arrivarono Richard Syarto, che restò solo fino al 20 aprile 1989, e Fred Stuart, ma ne seguirono altri, come Art Esparza, Scott Buehl, John English, J.W. Black, Jason Davis, Larry Brooks, Yasuhiko Iwanade, Steve Boulanger, Greg Fessler, Pamelina Hovnatanian. Più tardi fu il turno di Todd Krause, Mark Kendrick, Mike Ponce, Alan Hamel, George Amicay, Stephen Stern, Gene Baker, Abigail Ybarra, John Cruz e John Suhr. |
Il risultato fu la realizzazione di così tanti nuovi modelli Fender che è impossibile riuscire a catalogare tutte le chitarre prodotte dal 1987.
Molti strumenti del Custom Shop, soprattutto all'inizio, erano assemblati partendo da componenti "factory"; alcuni step della produzione di uno strumento potevano essere completati nel Custom Shop, altri nella fabbrica "di serie". E fino a quando il Custom Shop non ebbe il proprio reparto di finitura, quasi tutti i modelli erano verniciati nella normale fabbrica Fender: «The Shop wasn't a separate institution. It was a moving, flowing process, never in stone. We worked with the factory people all the time, and they helped us all the time as well. If it weren't for manufacturing, we could not have built one-offs», ricorda J. Black. Al tempo stesso però i due master builder richiedevano una maggiore attenzione rispetto alla "factory": «I needed exact climate control, day and night. I also wanted our own separate wood stock, and a very specific set of tools», dichiarò in un'intervista Stevens.
Ma il Custom Shop non era solo questo: era anche il centro nevralgico della ricerca e della sperimentazione Fender, dove nuove tecniche di produzione venivano sviluppate e nuovi macchinari testati per essere, a volte, adottati anche dalla normale produzione di serie, elevando la qualità delle chitarre Fender ad un livello superiore.
Molti modelli nati nel Custom Shop, come molte signature, venivano successivamente trasferiti alla produzione di serie. Ma poteva succedere anche il contrario: modelli di serie erano rielaborati e perfezionati nel Custom Shop.
Oltre a questo, Michael Stevens diceva di avere un altro ruolo: «Preserve Fender History».
Anche se il Custom Shop era nato per produrre pochi strumenti con il solo intento di promuovere il brand Fender, il suo successo fu tale che, in poco tempo, il suo impiego fu esteso anche allo sviluppo di chitarre a tiratura limitata per il grande pubblico o, con l'introduzione del price list nel 1992, a delle vere e proprie serie, diventando una grossa fonte di guadagno per la Fender.
Molti strumenti del Custom Shop, soprattutto all'inizio, erano assemblati partendo da componenti "factory"; alcuni step della produzione di uno strumento potevano essere completati nel Custom Shop, altri nella fabbrica "di serie". E fino a quando il Custom Shop non ebbe il proprio reparto di finitura, quasi tutti i modelli erano verniciati nella normale fabbrica Fender: «The Shop wasn't a separate institution. It was a moving, flowing process, never in stone. We worked with the factory people all the time, and they helped us all the time as well. If it weren't for manufacturing, we could not have built one-offs», ricorda J. Black. Al tempo stesso però i due master builder richiedevano una maggiore attenzione rispetto alla "factory": «I needed exact climate control, day and night. I also wanted our own separate wood stock, and a very specific set of tools», dichiarò in un'intervista Stevens.
Ma il Custom Shop non era solo questo: era anche il centro nevralgico della ricerca e della sperimentazione Fender, dove nuove tecniche di produzione venivano sviluppate e nuovi macchinari testati per essere, a volte, adottati anche dalla normale produzione di serie, elevando la qualità delle chitarre Fender ad un livello superiore.
Molti modelli nati nel Custom Shop, come molte signature, venivano successivamente trasferiti alla produzione di serie. Ma poteva succedere anche il contrario: modelli di serie erano rielaborati e perfezionati nel Custom Shop.
Oltre a questo, Michael Stevens diceva di avere un altro ruolo: «Preserve Fender History».
Anche se il Custom Shop era nato per produrre pochi strumenti con il solo intento di promuovere il brand Fender, il suo successo fu tale che, in poco tempo, il suo impiego fu esteso anche allo sviluppo di chitarre a tiratura limitata per il grande pubblico o, con l'introduzione del price list nel 1992, a delle vere e proprie serie, diventando una grossa fonte di guadagno per la Fender.
Dopo un paio di mesi passati nel garage di Michael, i due liutai fondatori si trasferirono nella fabbrica di Corona, in una piccola stanza allungata che chiamavano "bowling alley", che fu ingrandita dopo che Richard Syarto e Fred Stuart si unirono al Custom Shop. Dopo un anno la Fender acquistò altri due edifici in Pomona Avenue e i master builder si trasferirono nel quarto edificio.
Il 13 settembre del 1989 la Fender diede a John Page il compito di gestire, oltre il Custom Shop, anche il reparto di Ricerca e Sviluppo, iniziando così un'intensa collaborazione con ingegneri esperti del calibro di Steve Boulanger e George Blanda (che era stato assunto proprio per aprire il Custom Shop ma che fu poi delegato ad altre mansioni): «By combining the computer and manufacturing capabilities of the R&D department with the artistry of the Custom Shop, John is heading Fender in the future with a bullet», annunciò l'azienda californiana. |
Dal 1990 la Fender acquistò due stabilimenti in una strada adiacente a Pomona Avenue, prima il 135, poi il 1233 di Enterprise Court. Il Custom Shop si trovava ora sia nel quarto edificio di Pomona, sia in quelli di Enterprise. John Page ricordava così quel periodo: «We were all pretty much in the same building, with very few walls. We were also physically separated from the factory, albeit only by a block or so. It allowed us to create our own environment, our own mood. [...] We got to the point where we brought in raw lumber, made our own bodies and necks, painted and buffed them, assembled them, made our own pickups and even our own straps, all under the same roof». Per un po' di tempo il Custom Shop occupò entrambi gli edifici di Enterprise Court, ma presto lasciarono il 135 per un nuovo stabilimento attaccato al 1233, appena comprato dalla Fender, a Lewis Court.
Se il Custom Shop si ingrandiva, come struttura e come produzione, doveva anche aumentare i propri uomini: dalla seconda metà degli anni '90 Jason Smith, Louis Salgado, Dennis Galuszka, Yuriy Shishkov, Chris Fleming si unirono alla "fabbrica dei sogni" della Fender.
Nel 1997 Mike Eldred prese il posto di John Page alla guida del Custom Shop che, nel 1998, si trasferì nei nuovi edifici di Cessna Circle.
Inizialmente i primi body utilizzati dai liutai del Custom Shop erano gli stessi impiegati dalla factory, accuratamente selezionati, ad eccezione delle tavole di acero (per i top) che non erano usate nella produzione di serie e che venivano fornite da Bill Redman. Negli anni '90 il Custom Shop iniziò ad usare tavole provenienti dalla Westwood Lumber, Oregon. Molti dei legni utilizzati per i manici fiammati o bird's eye provenivano invece dalla Yankee Veneer Corp., New Hampshire.
Se il Custom Shop si ingrandiva, come struttura e come produzione, doveva anche aumentare i propri uomini: dalla seconda metà degli anni '90 Jason Smith, Louis Salgado, Dennis Galuszka, Yuriy Shishkov, Chris Fleming si unirono alla "fabbrica dei sogni" della Fender.
Nel 1997 Mike Eldred prese il posto di John Page alla guida del Custom Shop che, nel 1998, si trasferì nei nuovi edifici di Cessna Circle.
Inizialmente i primi body utilizzati dai liutai del Custom Shop erano gli stessi impiegati dalla factory, accuratamente selezionati, ad eccezione delle tavole di acero (per i top) che non erano usate nella produzione di serie e che venivano fornite da Bill Redman. Negli anni '90 il Custom Shop iniziò ad usare tavole provenienti dalla Westwood Lumber, Oregon. Molti dei legni utilizzati per i manici fiammati o bird's eye provenivano invece dalla Yankee Veneer Corp., New Hampshire.
Le prime chitarre
La prima chitarra sfornata dal Custom Shop da Michael Stevens è stata una doubleneck strat/esquire che il master builder realizzò per il suo amico Jimmy Wallace nell'estate del 1987. Prima Fender doubleneck della storia, mostrava sul neck plate del manico della Stratocaster il seriale "0001" e le date scritte a matita (6/18/87 e 6/19/87) insieme alla sigla "MS" sul tacco dei due manici.
John Page considera la sua Mary Kaye Stratocaster, cui collaborò anche Stevens, costruita per il suo amico Elliot Easton, la prima vera chitarra Custom Shop, perché era stata la prima a lasciare la fabbrica. L'ordine, secondo gli appunti del master builder, era stato fatto il 27 febbraio 1987. Era una Stratocaster '57 style in frassino, dalla finitura blonde e dal manico bird's eye, numero seriale "0008", spedita il 17 luglio del 1987.
In realtà già altri suoi cinque strumenti avevano lasciato la Fender, ma John li considerava «marketing's mix-and-match kind of stuff we had to do for shows, or the Japanese re-paint». Infatti, osservando il Custom Log Shop di John Page, un elenco con cui il master builder teneva nota dei suoi lavori e compilato per circa un anno e mezzo, la sue prime chitarre Custom Shop furono delle Stratocaster richieste dal marketing Fender da esporre al NAMM e una Stratocaster made in Japan che un negozio dell'Ohio, il Buddy Roger's Music, chiedeva fosse riverniciata Lake Placid Blue.
Scendendo lungo la lista è possibile notare come tra i clienti del primo periodo del Custom Shop ci fossero musicisti famosi, come Eric Johnson, Jerry Donahue e Cesar Rosas.
In realtà già altri suoi cinque strumenti avevano lasciato la Fender, ma John li considerava «marketing's mix-and-match kind of stuff we had to do for shows, or the Japanese re-paint». Infatti, osservando il Custom Log Shop di John Page, un elenco con cui il master builder teneva nota dei suoi lavori e compilato per circa un anno e mezzo, la sue prime chitarre Custom Shop furono delle Stratocaster richieste dal marketing Fender da esporre al NAMM e una Stratocaster made in Japan che un negozio dell'Ohio, il Buddy Roger's Music, chiedeva fosse riverniciata Lake Placid Blue.
Scendendo lungo la lista è possibile notare come tra i clienti del primo periodo del Custom Shop ci fossero musicisti famosi, come Eric Johnson, Jerry Donahue e Cesar Rosas.
A queste seguirono presto molti altri strumenti, come altre Mary Kaye, cinquecento HLE Stratocaster (dove "HLE" sta per "Haynes Limited Edition") che imitavano la "tri-gold" Stratocaster (finitura e hardware dorati e battipenna in ottone anodizzato), costruita verso la fine degli anni '50 per Homer Haynes del duo Homer & Jethro, e cinquecento 35th Anniversary Stratocaster.
Per un periodo di tempo furono prodotte anche delle chitarre simili alle Stratocaster, le Subsonic, dalla caratteristica accordatura BEADGB, munite di ponte fisso e la cui scala era di 27 pollici.
Il più delle volte i primi lavori erano delle riedizioni delle chitarre del passato: le reissue factory non seguivano troppo fedelmente le specifiche delle vecchie Stratocaster, piuttosto "rievocavano" quegli strumenti. Non erano pochi i musicisti che invece, subendo il fascino del vintage, richiedevano al Custom Shop delle repliche più fedeli. Per questo il contributo di Michael Stevens, profondo conoscitore e studioso minuzioso delle chitarre di Leo, fu importantissimo.
Il più delle volte i primi lavori erano delle riedizioni delle chitarre del passato: le reissue factory non seguivano troppo fedelmente le specifiche delle vecchie Stratocaster, piuttosto "rievocavano" quegli strumenti. Non erano pochi i musicisti che invece, subendo il fascino del vintage, richiedevano al Custom Shop delle repliche più fedeli. Per questo il contributo di Michael Stevens, profondo conoscitore e studioso minuzioso delle chitarre di Leo, fu importantissimo.
Le Art Guitars e le Diamond Dealers
All'inizio degli anni '90 il Custom Shop iniziò a sviluppare nuovi modelli one-off che innalzavano le Fender ad un livello artistico, che sarebbero state soprannominate Art Guitars, per le quali non va dimenticato il contributo, in modo particolare, dei disegni di Pamelina H. e del "master carver" George Amicay, ma anche quello di John Page, John English, Fred Stuart, Alan Hamel e J.W.Black. Con questi strumenti il Custom Shop diventava proprio come lo voleva Bill Schultz: non una semplice fabbrica di chitarre fatte a mano, ma un vero e proprio laboratorio di strumenti Fender costruiti su misura o da collezione, delle vere e proprie opere d'arte, da affiancare alla normale produzione. Poteva essere creato di tutto: Stratocaster dal corpo in alluminio, altre dalla tastiera in ebano o dal top in acero o altre ancora set-neck piuttosto che bolt-on; si potevano inserire un numero diverso di pickup, intarsi in diamanti o un battipenna in alluminio anodizzato o inciso.
Tutto quello che si poteva desiderare, poteva essere prodotto nel Custom Shop di Corona, motivo per il quale si meritò il soprannome di Fabbrica dei Sogni.
Tra le prime Art Guitars vanno ricordate le 109 Harley Davidson 90th Anniversary Stratocaster, dal particolarissimo corpo in alluminio, o le 175 40th Anniversary Playboy Strat. Alcune di queste erano vendute da un ristretto numero di rivenditori, selezionati da Bill Schultz e da Jack Shelton, senior vice president of sales, e potevano essere riconosciute da un piccolo diamante incastonato sulla paletta: le Diamond Dealers.
Tutto quello che si poteva desiderare, poteva essere prodotto nel Custom Shop di Corona, motivo per il quale si meritò il soprannome di Fabbrica dei Sogni.
Tra le prime Art Guitars vanno ricordate le 109 Harley Davidson 90th Anniversary Stratocaster, dal particolarissimo corpo in alluminio, o le 175 40th Anniversary Playboy Strat. Alcune di queste erano vendute da un ristretto numero di rivenditori, selezionati da Bill Schultz e da Jack Shelton, senior vice president of sales, e potevano essere riconosciute da un piccolo diamante incastonato sulla paletta: le Diamond Dealers.
Anche se realizzate da sempre dal Custom Shop, il termine Art Guitars comparve però per la prima volta sul catalogo Fender nel 2005. Ma mentre prima i Master Builder collaboravano con i "graphic artist", assegnando uno specifico compito ad un singolo specialista (un intagliatore, un esperto in inlays o in incisioni, un pittore ecc...), ora la Fender dava all'artista un intero body o un intero manico da lavorare, lasciando, a volte, carta bianca. Il risultato era più complesso ed elaborato, oltre ad essere più uniforme. Tra questi artisti vanno ricordati, oltre ai sempre presenti Pamelina H. e George Amicay, anche Dave Newman, Sara Ray, Nevena Christie, Kit Carson, Joe Wood, Dan Lawrence, Ron Thorn, Kid Ramos, Shag, Dennis McPhail e Kristen Easthope.
Master Built e Team Built
Nella prima metà degli anni '90 era evidente come fosse necessario passare ad un'altra idea di Custom Shop, diversa da quella iniziale secondo cui era stato progettato solo per il prestigio della Fender e non per il profitto, perché non sarebbe potuto sopravvivere ancora per molto tempo senza sufficienti introiti: bisognava quindi rivolgere lo sguardo anche verso il grande pubblico.
Un primo passo verso questo cambiamento fu l'introduzione del listino prezzi nel 1992. Ma era necessario aumentare la produzione, per cui Mike Lewis, John Page e Mike Eldred iniziarono a lavorare insieme per decidere come riorganizzare il Custom Shop, la cui produzione venne distinta in Team Built e Master Built.
Le Team Built (dal 2008 chiamate a volte Custom Built) erano strumenti costruiti da un selezionato numero di apprendisti, sotto la supervisione di un master builder, carica data solo a pochi principali liutai dell'azienda californiana, che avrebbe dato anche il benestare finale. «They're a small group of really talented craftsman who build some of the Custom Shop's "catalog" guitars», spiegava Yuriy Shishkov. Infatti le Team Built possono essere trovare sul frontline della Fender catalogate in serie che racchiudono le specifiche più comunemente richieste.
«With a Master Built, you are getting the highest level of craftsmanship Fender», spiegava semplicemente Jason Smith. Le Master Built erano le chitarre di punta della Fender, modelli unici, nati dalla fantasia del master builder o a lui richiesti da un chitarrista o da un rivenditore.
Quando un master builder era promosso a senior master builder, oltre a continuare a produrre le proprie chitarre, assumeva anche il ruolo di manager, instaurando rapporti tra la Fender e i suoi clienti, studiando le scadenze nella produzione, proponendo nuove idee e, in sintesi, assumendosi nuovi incarichi e responsabilità.
Un primo passo verso questo cambiamento fu l'introduzione del listino prezzi nel 1992. Ma era necessario aumentare la produzione, per cui Mike Lewis, John Page e Mike Eldred iniziarono a lavorare insieme per decidere come riorganizzare il Custom Shop, la cui produzione venne distinta in Team Built e Master Built.
Le Team Built (dal 2008 chiamate a volte Custom Built) erano strumenti costruiti da un selezionato numero di apprendisti, sotto la supervisione di un master builder, carica data solo a pochi principali liutai dell'azienda californiana, che avrebbe dato anche il benestare finale. «They're a small group of really talented craftsman who build some of the Custom Shop's "catalog" guitars», spiegava Yuriy Shishkov. Infatti le Team Built possono essere trovare sul frontline della Fender catalogate in serie che racchiudono le specifiche più comunemente richieste.
«With a Master Built, you are getting the highest level of craftsmanship Fender», spiegava semplicemente Jason Smith. Le Master Built erano le chitarre di punta della Fender, modelli unici, nati dalla fantasia del master builder o a lui richiesti da un chitarrista o da un rivenditore.
Quando un master builder era promosso a senior master builder, oltre a continuare a produrre le proprie chitarre, assumeva anche il ruolo di manager, instaurando rapporti tra la Fender e i suoi clienti, studiando le scadenze nella produzione, proponendo nuove idee e, in sintesi, assumendosi nuovi incarichi e responsabilità.
Il logo del Custom Shop
Sul retro della paletta delle Fender fabbricate nel Custom Shop, originariamente, era possibile distinguere due tipi di logo: uno ovale, con una paletta stilizzata, che riportava la decal "CUSTOM SHOP FENDER U.S.A."; l'altro, disegnato per distinguere gli strumenti costruiti da un solo liutaio, includeva la sua firma e la dicitura "CUSTOM-BUILT FENDER U.S.A.".
L'oval logo era semplice ed elegante, ma John Page lo riteneva troppo simile al logo già in uso dal Custom Shop giapponese, per cui commissionò a Pamelina H. l'elaborazione di un nuovo simbolo. Il risultato fu un logo che, in pieno spirito Fender, ricordava il vecchio emblema di una casa automobilistica, la Chevrolet.
Inizialmente sul nuovo V logo era presente la "F", ma Bill Schultz decise, verso la fine degli anni '90, di sostituirla con la parola "Fender". Ovviamente, se la chitarra era costruita da un master builder, a questo logo si associava la sua firma.
Negli anni sono apparse alcune varianti del V logo, come quella che includeva le decal "LIMITED EDITION" o quella "WHEN YOU'RE READY".
Inizialmente sul nuovo V logo era presente la "F", ma Bill Schultz decise, verso la fine degli anni '90, di sostituirla con la parola "Fender". Ovviamente, se la chitarra era costruita da un master builder, a questo logo si associava la sua firma.
Negli anni sono apparse alcune varianti del V logo, come quella che includeva le decal "LIMITED EDITION" o quella "WHEN YOU'RE READY".
Custom e Limited Collection
Sui cataloghi del nuovo millennio iniziarono a comparire, oltre ai termini Tribute, Master Design, Builder Select e Art Guitars, analizzati in seguito, anche quelli Limited Relase Series e Limited Edition Series.
Con Limited Relase Series ci si riferiva a quegli strumenti del Custom Shop che, per le loro caratteristiche, rappresentavano uno svolta o un'innovazione per la Fender. Erano quindi dei prototipi o delle "test market guitar". Visto il loro numero limitato, erano destinati a diventare degli oggetti da collezione.
Il termine Limited Relase venne utilizzato per la '54 Anniversary Stratocaster del 2004, ma in seguito si fece riferimento a questa chitarra con quello Limited Edition.
La Limited Edition Series racchiudeva tutti quei modelli realizzati solo per brevi periodi dal Custom Shop della Fender prima di essere ritirati per sempre. Anche in questo caso si parlava di oggetti dall'importante valore collezionistico.
Con Limited Relase Series ci si riferiva a quegli strumenti del Custom Shop che, per le loro caratteristiche, rappresentavano uno svolta o un'innovazione per la Fender. Erano quindi dei prototipi o delle "test market guitar". Visto il loro numero limitato, erano destinati a diventare degli oggetti da collezione.
Il termine Limited Relase venne utilizzato per la '54 Anniversary Stratocaster del 2004, ma in seguito si fece riferimento a questa chitarra con quello Limited Edition.
La Limited Edition Series racchiudeva tutti quei modelli realizzati solo per brevi periodi dal Custom Shop della Fender prima di essere ritirati per sempre. Anche in questo caso si parlava di oggetti dall'importante valore collezionistico.
Nel 2008 tuttavia i termini Limited Edition e Limited Relase iniziarono gradualmente ad essere sostituiti da quello Limited Collection. La sostanza non cambiava, questa serie racchiudeva tutte le chitarre del Custom Shop a tiratura molto bassa, ma dal punto di vista del marketing e della comunicazione rappresentava una svolta: «We don't want a catalog», spiegò Mike Eldred. «We have collections. We get ideas from artists, other players, Master Builders and dealers, and we put together guitars with the coolest, most versatile features».
Contemporaneamente all'inizio di ogni anno la Fender iniziò ad offrire anche un certo numero di Custom Collection, chitarre che rientravano nelle varie serie Custom Shop e prodotte solo per un anno (o poco più), terminato il quale il modello non era più disponibile e si passava a quello successivo.
Il termine Limited Edition non venne però completamente abbandonato e la Fender continuò ad utilizzarlo per indicare alcune Stratocaster, come la Black1 tribute o le Limited Eric Clapton Signature Stratocaster del 2010.
Contemporaneamente all'inizio di ogni anno la Fender iniziò ad offrire anche un certo numero di Custom Collection, chitarre che rientravano nelle varie serie Custom Shop e prodotte solo per un anno (o poco più), terminato il quale il modello non era più disponibile e si passava a quello successivo.
Il termine Limited Edition non venne però completamente abbandonato e la Fender continuò ad utilizzarlo per indicare alcune Stratocaster, come la Black1 tribute o le Limited Eric Clapton Signature Stratocaster del 2010.
Il Roadshow
Il Roadshow è una manifestazione itinerante in cui rappresentanti della Fender Musical Instruments ed alcuni Master Builder espongono e presentano una selezione di strumenti del Custom Shop estremamente rari. In più, nel corso dell'evento, è possibile ammirare gli storici liutai della Fender in azione: mentre danno la forma al manico di una chitarra, mentre montano meccaniche, ponti o tasti, o mentre applicano le decal. È anche un'occasione per confrontarsi direttamente con il proprio Master Builder preferito e chiedere consigli, progettare uno strumento e, perché no, vederlo nascere davanti ai propri occhi.
Le Custom Classic, le Set-Neck e le Contemporary
L'arte del Relic: l'era Cunetto
Le Time Machine e le Vintage Custom
Le Master Design, le Builder Select, le Founder's Design e le Dealer Select
Le Strat Pro, le Proto e le Postmodern Strat
Le Custom Deluxe, le American Custom e le Artisan
Gli anniversari del Custom Shop
L'arte del Relic: l'era Cunetto
Le Time Machine e le Vintage Custom
Le Master Design, le Builder Select, le Founder's Design e le Dealer Select
Le Strat Pro, le Proto e le Postmodern Strat
Le Custom Deluxe, le American Custom e le Artisan
Gli anniversari del Custom Shop
Antonio Calvosa