Nel 2000 la Stratocaster è stata ancora il punto di riferimento non solo dei chitarristi che già la utilizzavano nel decennio precedente, ma anche di quelli nuovi emersi nel nuovo millennio, diventando il punto di congiunzione tra la vecchia e la nuova generazione di musicisti.
Gli anni '90 sono stati molto caotici per la Stratocaster: molti modelli venivano messi sul mercato e, dopo poco tempo, venivano eliminati e ne venivano aggiunti di nuovi. Tenere il passo di tutte le variazioni sui cataloghi Fender e ricordasi le differenze tra le tante Stratocaster era un'impresa piuttosto difficile, se non impossibile. Nel nuovo millennio la storia non fu tanto diversa. Le chitarre di serie, escluse le Squier e le made in Japan, erano divise, all'inizio del 2000, in nove serie: l'American Standard, l'Hot Rodded American Standard, l'American Special (tra cui la Jimi Hendrix Voodoo ed alcuni modelli Floyd Rose), l'American Deluxe, l'American Vintage, l'Artist (il nuovo nome delle Signature e che ora comprendeva anche alcune chitarre made in Mexico) e le messicane Classic, Standard e Deluxe. |
E, in aggiunta a tutto questo, c'erano le serie del Custom Shop, che, oltre alle edizioni limitate e alle tribute, comprendeva le Time Machine, le Custom Artist e le Custom Classic.
Insomma, i modelli erano davvero tanti ed aumentarono ancora di più perché le "varianti" con il ponte hard tail o le left hand iniziarono ad essere considerate delle chitarre a sé.
Insomma, i modelli erano davvero tanti ed aumentarono ancora di più perché le "varianti" con il ponte hard tail o le left hand iniziarono ad essere considerate delle chitarre a sé.
La più importante delle innovazioni che ci fu, nell'estate del 2000, fu la sostituzione, dopo tredici anni, dell'American Standard Series con l'American Series.
Nella metà del 2003 venne introdotto lo switch S-1 in alcune American Series e nel 2004 anche nella nuova American Deluxe Series; era un push pull "invisibile" posizionato sulla manopola del volume e che non andava ad alterare la fisionomia della chitarra. Questo switch poteva assolvere a varie funzioni, come splittare gli humbucker in single coil, permettere nuove combinazioni di pickup (ad esempio ponte e manico insieme o addirittura tutti e tre i single coil contemporaneamente) o commutare i pickup da serie in parallelo.
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Anche la vecchia Hot Rodded American Standard Series venne sostituita dall'American Hot Rodded Series e l'American Strat Texas Special, l'American Fat Strat Texas Special e l'American Double Fat Strat presero il posto, rispettivamente, la Roadhouse, della Lone Star e della Big Apple. Questa serie però durò solo pochi anni, fino al 2003, quando venne inglobata nella nuova American Series. Ora le chitarre "Hot Rodded" non avevano più un nome specifico, bastava scegliere lo strumento desiderato tra i vari modelli delle American Series che includevano anche le American Stratocaster HH e American Stratocaster HSS.
Il 2002 vide la nascita della Stratocaster completamente made in U.S.A. (ibride anni '90 escluse, quindi) più economica di sempre, la Highway One, di cui furono prodotte due serie. Nel 2010 a questa si aggiunse la nuova American Special Stratocaster, che costava appena 100 dollari più della Highway.
In realtà pochi ricordano che l'American Special Series era nata come una serie che inizialmente comprendeva chitarre al di fuori degli schemi classici, come le Stratocaster con il Floyd Rose o, ancora di più, come le Strat-O-Sonic, munite del ponte Fender Tech-Tonic Stop Tail, ma anche la '68 Reverse Stratocaster Special del 2001-2002, che prese il posto della Voodoo Stratocaster nelle chitarre tributo per Jimi Hendrix.
In realtà pochi ricordano che l'American Special Series era nata come una serie che inizialmente comprendeva chitarre al di fuori degli schemi classici, come le Stratocaster con il Floyd Rose o, ancora di più, come le Strat-O-Sonic, munite del ponte Fender Tech-Tonic Stop Tail, ma anche la '68 Reverse Stratocaster Special del 2001-2002, che prese il posto della Voodoo Stratocaster nelle chitarre tributo per Jimi Hendrix.
Anche le Artist Series subirono qualche modifica: i pickup Noiseless presero il posto, nell'estate del 2001, dei Lace Sensor sulla Clapton e sulla Beck (in quest'ultima venne anche snellito molto il manico) e nuove chitarre vennero aggiunte alla serie, tra cui la Mark Knopfler, l'Eric Johnson e la John Mayer.
Ma soprattutto il Custom Shop inaugurò "l'era" delle Stratocaster Replica. Chi non ha sempre sognato di imbracciare la chitarra del proprio Guitar Hero? Fu questo desiderio, presente in ogni chitarrista, a spingere i Master Builder della Fender a realizzare edizioni limitate di copie perfettamente identiche della Blackie o delle Brownie di Clapton (rispettivamente 2006 e 2013), della Number One di Stevie Ray Vaughan (2004), della Play Loud di Malmsteen (2008), solo per citarne alcune.
Ma soprattutto il Custom Shop inaugurò "l'era" delle Stratocaster Replica. Chi non ha sempre sognato di imbracciare la chitarra del proprio Guitar Hero? Fu questo desiderio, presente in ogni chitarrista, a spingere i Master Builder della Fender a realizzare edizioni limitate di copie perfettamente identiche della Blackie o delle Brownie di Clapton (rispettivamente 2006 e 2013), della Number One di Stevie Ray Vaughan (2004), della Play Loud di Malmsteen (2008), solo per citarne alcune.
Nel 2010 le Fender Stratocaster, escluse le Squier e i modelli del Custom Shop, erano così organizzate in dodici serie (circa quaranta modelli): le made in U.S.A. American Deluxe, American Vintage, American Special, American Standard, Artist, Highway One, Vintage Hot Rod, e le messicane Classic, Classic Player, Deluxe, Road Worn, Standard.
Insomma, il trend iniziato negli anni '90 che aveva visto il numero delle serie e delle diverse Stratocaster espandersi rapidamente vide un brusco aumento nel nuovo millennio. Ora i modelli che potevano essere acquistati erano davvero tanti e molto diversi tra loro, sia per tipologia, sia per fascia economica.
Inoltre anche il Custom Shop, che era nato per fare solo qualche edizione limitata e che aveva visto, negli anni '90, la nascita alcune serie, si trasformò sempre di più in una fabbrica nella fabbrica, con molte serie e tantissimi modelli.
Insomma, il trend iniziato negli anni '90 che aveva visto il numero delle serie e delle diverse Stratocaster espandersi rapidamente vide un brusco aumento nel nuovo millennio. Ora i modelli che potevano essere acquistati erano davvero tanti e molto diversi tra loro, sia per tipologia, sia per fascia economica.
Inoltre anche il Custom Shop, che era nato per fare solo qualche edizione limitata e che aveva visto, negli anni '90, la nascita alcune serie, si trasformò sempre di più in una fabbrica nella fabbrica, con molte serie e tantissimi modelli.
American VG Stratocaster3>
Una nota a parte la vuole questa chitarra. All'inizio del nuovo millennio ci fu una forte tendenza a portare il digitale nel mondo delle chitarre.
La Line 6 presentò, nel 2003, una chitarra, la Variax, che consentiva di ottenere molteplici suoni (tra cui, ovviamente, anche diverse imitazioni delle Fender).
Era quindi inevitabile che anche la Fender stessa entrasse in questa nuova fetta di mercato. L'ex chitarrista Jeff Baxter andò, nello stesso periodo, da Ikutaro Kakehashi, leader della Roland, azienda giapponese all'avanguardia della musica digitale, proponendo una Fender/Roland modelling guitar, presentata nel 2007 e chiamata American VG Stratocaster. Questa chitarra, che restò sul catalogo Fender fino al 2009, era in grado di ottenere suoni mai raggiunti prima grazie alla tecnologia Roland.
A dire il vero già negli anni '90 erano apparse delle chitarre Fender/Roland: l'American Standard Roland GR-Ready del 1995 e la sua sostituta messicana del 1998 Standard Roland Ready Stratocaster. Ma entrambe necessitavano di un synth esterno.
La nuova American VG Stratocaster, invece, aveva "a bordo" tutto quello che serviva: bastava attaccarla ad un normale amplificatore per ottenere, oltre al classico suono Stratocaster, tutti gli altri che il synth Roland poteva produrre.
I nuovi suoni erano controllati da due pomelli extra e dal pickup aggiuntivo al ponte Roland GK. Il pomello Mode Control permetteva di scegliere tra 5 tipologie di suono: N per il suono normale della Stratocaster, S per modelled Stratocaster, T per modelled Telecaster, H per modelled Humbucker, e A per modelled Acustic. Il secondo pomello extra permetteva di scegliere tra lo standard tuning e altre quattro accordature differenti più la simulazione di una dodici corde.
La Line 6 presentò, nel 2003, una chitarra, la Variax, che consentiva di ottenere molteplici suoni (tra cui, ovviamente, anche diverse imitazioni delle Fender).
Era quindi inevitabile che anche la Fender stessa entrasse in questa nuova fetta di mercato. L'ex chitarrista Jeff Baxter andò, nello stesso periodo, da Ikutaro Kakehashi, leader della Roland, azienda giapponese all'avanguardia della musica digitale, proponendo una Fender/Roland modelling guitar, presentata nel 2007 e chiamata American VG Stratocaster. Questa chitarra, che restò sul catalogo Fender fino al 2009, era in grado di ottenere suoni mai raggiunti prima grazie alla tecnologia Roland.
A dire il vero già negli anni '90 erano apparse delle chitarre Fender/Roland: l'American Standard Roland GR-Ready del 1995 e la sua sostituta messicana del 1998 Standard Roland Ready Stratocaster. Ma entrambe necessitavano di un synth esterno.
La nuova American VG Stratocaster, invece, aveva "a bordo" tutto quello che serviva: bastava attaccarla ad un normale amplificatore per ottenere, oltre al classico suono Stratocaster, tutti gli altri che il synth Roland poteva produrre.
I nuovi suoni erano controllati da due pomelli extra e dal pickup aggiuntivo al ponte Roland GK. Il pomello Mode Control permetteva di scegliere tra 5 tipologie di suono: N per il suono normale della Stratocaster, S per modelled Stratocaster, T per modelled Telecaster, H per modelled Humbucker, e A per modelled Acustic. Il secondo pomello extra permetteva di scegliere tra lo standard tuning e altre quattro accordature differenti più la simulazione di una dodici corde.
Antonio Calvosa